Indovinate di che parliamo oggi? Naturalmente di Silvio Berlusconi. D'altronde, questo è l'argomento che tiene banco, nonostante i morti egiziani provocati dalla cosiddetta primavera araba. L'eccidio avviene in Africa, impressiona, ma è roba lontana, buona per la tv: non credo turbi i sonni degli italiani. Vuoi mettere le sorti del Cavaliere? I suoi aficionados - falchi, colombe o galline che siano - confidano in un colpo di spugna. Ma si illudono: la spugna non c'è, fu eliminata all'inizio degli anni Novanta, quando a furor di popolo, e sotto l'incalzare di Mani pulite, venne cancellata dalla Costituzione (ma non era e non è sacra e inviolabile?) l'immunità parlamentare che impediva alla magistratura di processare senatori e deputati finché fossero in attività a Palazzo Madama e a Montecitorio.
Già. L'immunità era l'unica garanzia seria, voluta dai padri costituenti, contro le incursioni dei Pm e dei giudici (assolutamente indipendenti dall'esecutivo) nella politica. Nessuno obbligò i prescelti dai cittadini a rinunciare alla protezione. Essi stessi, per compiacere gli elettori indignati da Tangentopoli, si offrirono volontari al rischio di essere indagati e condannati durante lo svolgimento del mandato, dimostrando di essere - a scelta - stupidi o masochisti. Ma ancora più stupidi e masochisti si sono rivelati i loro successori che, in quattro-lustri-quattro, non hanno avuto l'ardire di reintrodurre la salvifica norma incautamente soppressa.
Perché non hanno fatto macchina indietro, ripristinando la versione originaria della Carta? Per paura di perdere voti, per vigliaccheria. Dicevano tra sé e sé: chi fa la prima mossa in questa direzione è spacciato, confessa il timore di essere giudiziariamente incastrato. Cosicché nessuno ha osato fare un passo, sperando che fossero altri a compierlo. Intanto, la situazione è precipitata e ora la libertà di Berlusconi è appesa a un esile filo che si chiama grazia ed è nelle mani del capo dello Stato. Tocca a lui decidere, come se fosse un imperatore romano: pollice verso o no? Qualsiasi scelta egli facesse scatenerebbe polemiche infinite.
Ogni politico di varia estrazione (e ogni commentatore) presenta soluzioni, molte delle quali penose o ridicole: basta leggere i giornali per strabuzzare gli occhi dallo stupore. E pensare che la vecchia e saggia regola dell'immunità, nella sua semplicità, vige in molti Paesi e non suscita scandalo, essendo considerata una misura prudenziale, quale in effetti è. Soprattutto vige ed è rigorosamente rispettata nell'area Ue. I parlamentari di Bruxelles e Strasburgo infatti godono di una protezione assoluta e non ce n'è uno che se ne lagni; al contrario, tutti se la tengono stretta questa bella franchigia. La quale - mi domando - se è sacra in Europa, perché in Italia è stata ridotta a strame? Forse per avere gioco facile nel silurare il Cavaliere e impedirgli di contrastare la sinistra nel velleitario tentativo di conquistare il potere, mai afferrato nella gara alle urne? Non ne ho certezza, ma il dubbio è insopprimibile.
Un particolare induce a riflettere sul punto. Da tempo siamo sudditi ubbidienti della Ue. Essa comanda e noi stiamo agli ordini come scolaretti diligenti. Ci boccia le mozzarelle? Sia fatta la sua volontà. Ci impone di non produrre troppo latte, troppe arance, troppa uva? Sissignori, e sbattiamo i tacchi. Le zucchine devono essere lunghe tot centimetri? Ci adeguiamo prontamente. Quando ci affligge con nuove tasse, il governo si giustifica sempre allo stesso modo: ce lo chiede l'Europa. L'Europa ha sostituito il Santissimo sugli altari, e davanti ad Angela Merkel ci genuflettiamo.
Ma se si tratta di recuperare l'immunità per allinearci in toto ai dogmi europei, allora ci opponiamo e rivendichiamo il diritto a essere sovrani in casa nostra. Non vi pare che simili comportamenti siano improntati al massimo dell'ipocrisia e dell'infingardaggine? I partiti possono soltanto recitare il «mea culpa».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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