Caos nei conti Pdl. Ombre sulla Polverini: sapeva

L'ex capogruppo Battistoni, nominato al posto di Fiorito, avrebbe informato già a luglio la governatrice. Che però si era detta "sorpresa" dallo scandalo e si è dimessa a settembre

Caos nei conti Pdl. Ombre sulla Polverini: sapeva

Roma - I banchetti a ostriche e champagne e le spese folli del consiglio regionale del Lazio? La governatrice ne sarebbe stata al corrente. Agli atti del fascicolo d'indagine aperto dalla procura di Roma sugli sperperi dei fondi destinati all'attività politica dei gruppi consiliari, del «dettaglio» non c'è traccia. Ma, secondo indiscrezioni attendibili, il bubbone scoppiato a settembre sui conti fuori controllo del consiglio regionale era già noto da un bel po' alla governatrice Renata Polverini, da fine settembre dimissionaria. A tirare in ballo la presidente era stato in un primo tempo proprio Franco Fiorito, prima indagato poi arrestato, a inizio ottobre, proprio per le decine e decine di bonifici a se stesso ordinati quando era capogruppo del Pdl in consiglio regionale. Il «Batman di Anagni» aveva lui stesso, in seguito, ridimensionato quelle affermazioni scagionando la Polverini. L'ex segretaria dell'Ugl avrebbe però appreso ugualmente in anticipo dell'esistenza e dell'entità dei pasticci nella contabilità del Popolo della libertà laziale. Non da Fiorito, bensì dal suo successore sulla poltrona di capogruppo: Francesco Battistoni.

All'inizio dell'estate alcuni consiglieri regionali in quota Pdl, tra i quali lo stesso Battistoni e Isabella Rauti, avevano cominciato a sollevare dubbi sulla gestione della presidenza da parte di Fiorito, chiedendogli di convocare una riunione del gruppo.

«Batman» però - probabilmente proprio per proteggere la contabilità da occhi indiscreti, non avrebbe dato seguito alla richiesta, e così è arrivato il blitz di nove consiglieri (ossia la maggioranza del gruppo Pdl, che ne contava 17), che con una lettera esautorano Fiorito e nominano Battistoni nuovo capogruppo. L'incarico, che innesca una serie di roventi polemiche tra Fiorito e gli altri consiglieri, Battistoni in testa, viene ufficializzato il 24 luglio. Battistoni diventa presidente, e dal suo nuovo posto di comando si ritrova tra le mani quei conti che non tornano, gestiti fino ad allora dal politico ciociaro. Auto, vacanze, spese di ogni genere addebitate sul conto del gruppo. Così, in quei giorni di caldo e clima prevacanziero, di fronte alle mancanze per milioni dai fondi ricevuti come Pdl dalla Regione, Battistoni decide di informare la Polverini della bomba a orologeria. Sia per il ruolo istituzionale della governatrice, sia - trattandosi del Pdl, partito che l'aveva candidata come presidente - per l'aspetto più squisitamente politico della questione.

Ma Renata non prende provvedimenti. Passano gli ultimi giorni di luglio, passa agosto, e la presidente della giunta interviene solo quando la grana scoppia, la mattina del 12 settembre, con la notizia dell'iscrizione nel registro degli indagati di Fiorito da parte della procura di Roma, sulla scorta di un'informativa della Gdf e delle segnalazioni di operazioni sospette partita dall'unità d'informazione finanziaria di Bankitalia. Il resto è storia nota, con scambi di accuse ed esposti tra Fiorito e lo stesso Battistoni, con l'allargamento dell'indagine al capogruppo Idv Vincenzo Maruccio. E con la strategia difensiva-offensiva scelta dalla Polverini che alla fine, costretta a dimettersi, in conferenza stampa spara a zero proprio sul consiglio regionale, e sul suo ex partito, difendendo se stessa e la sua squadra: «Consiglio indegno, giunta pulita». Ma se era stata informata già quasi due mesi prima che scoppiasse lo scandalo, c'è da capire per quale motivo la Polverini non si è messa in moto per tempo.

Sottovalutazione del problema? Calcolo politico? Quale che sia la partita che Renata ha giocato, di certo, quella «faida politica» interna al Pdl, come lei stessa l'ha chiamata, avrebbe potuto essere affrontata prima, riducendo i danni. E, probabilmente, risparmiando la sua stessa poltrona.

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