Risotto e cotoletta amari "Non sono libero di votare"

Berlusconi fa un bilancio della campagna elettorale: "Ho la coscienza a posto". Poi confessa: "Non sono un uomo libero, mi pesa non votare"

Risotto e cotoletta amari "Non sono libero di votare"

I l finestrino aperto. Una signora urla disperata: «Presidente voglio consegnarle una lettera». I cronisti quasi accerchiano l'auto che ha appena superato il cancello della Sacra Famiglia. Cesano Boscone: sono le due del pomeriggio e Silvio Berlusconi, in versione condannato, ha appena concluso la sua mattina con i malati di Alzheimer. Li ha accompagnati al campo sportivo, ha assistito a una partita di calcetto fra disabili, ha sfoggiato la sua competenza tecnica, forse ha dato qualche consiglio ai calciatori. Ora i giornalisti lo tempestano di domande, mentre la donna si dimena agitatissima e una fan, scatenata, cerca di baciarlo attraverso il vetro. Lui finalmente afferra la busta e prova a calmare la ragazza: «Adagio».

Oggi si vota: il Cavaliere non solo non è candidato ma non può votare. «Effettivamente - spiega a lui - questa situazione mi pesa. Dopo vent'anni di battaglie per la libertà, di stare in campo per la libertà, essere arrivato ad avere un pericolo da sinistra e un altro pericolo che è rappresentato dal Movimento 5 Stelle, essere qui a rappresentare l'Italia democratica senza nemmeno avere la possibilità di esprimere un voto, questo francamente mi pesa molto». Vorrebbe aggiungere altro, l'ex premier, amareggiato e scuro in volto, ma con un gesto eloquente delle mani fa capire che il tempo è scaduto: «Basta, non posso dire di più, scusatemi, come vedete non sono libero di parlare». Dunque silenzio.

È davvero una giornata strana, quella dell'ex presidente del Consiglio. Una giornata spaccata in due: quattro ore a Cesano Boscone, attento a seguire le prescrizioni dei giudici che gli hanno fatto balenare il rischio della revoca del trattamento soft. L'addio ai servizi sociali. Ecco, dunque, quelle tre parole messe in fila: «Non sono libero». È stata una campagna elettorale scandita dal metronomo della magistratura e dunque il leader di Forza Italia ha dovuto bilanciare le parole per evitare un'inversione di marcia del tribunale di sorveglianza, col rischio di finire agli arresti domiciliari se non a San Vittore. Non solo, sul piano politico il Cavaliere si è trovato davanti al doppio ciclone Renzi-Grillo. E ha cercato, anche nel comizio di chiusura della campagna elettorale, l'altra sera a Milano, di mettere in guardia gli italiani: «Renzi ha una faccia simpatica ma è circondato dalle teste delle vecchia sinistra»; quanto a Grillo, il Cavaliere lo ha collocato dalle parti di Hitler, battendo sempre sullo stesso tasto: «Non è l'imitazione di un dittatore, ma un aspirante dittatore».

Ora il Berlusconi dimezzato, costretto a chiedere ai magistrati anche il permesso per poter uscire dai confini della Lombardia, si concede un pomeriggio di relax. E comincia così la seconda parte della giornata: un pranzo di decompressione da Giacomo, al terzo piano dell'Arengario, fra le tele futuriste e divisioniste del Museo del Novecento. Con Berlusconi c'è la fidanzata Francesca Pascale, in blazer canarino su pantalone bianco, e poi Giovanni Toti e la moglie, più l'inseparabile Maria Rosaria Rossi e alcuni collaboratori. Il tavolo, con vista Duomo, è da cartolina e mette tutti di buon umore. Il Cavaliere mangia il classico risotto alla milanese e l'altrettanto canonica cotoletta. A Toti, confida: «Ho fatto quel che potevo per aprire gli occhi agli italiani, ho la coscienza a posto». Dopo le foto di rito con i camerieri, il gruppo si ferma fra le tele celeberrime. Il Cavaliere si fa immortalare davanti al quadro simbolo dell'istituzione: il Quarto Stato di Pellizza da Volpedo.

«Rappresenta bene la protesta», è il suo commento.

Poi Berlusconi si ferma al bookshop, acquista un libro sul nudo nella storia dell'arte e davanti a una mini poltroncina da tavolo non resiste alla battuta: «Questa - dice rivolgendosi alla fidanzata e a Toti - la regaliamo ad Alfano». La colazione è privata ma è anche pubblica e si trasforma in un passeggiata fra piazza Duomo e la Galleria. I cronisti sono di nuovo intorno e vogliono sapere dal Cavaliere come trascorrerà la domenica: «Credo che passerò la giornata pregando e sperando». Probabilmente ad Arcore, o forse con la figlia Marina nella villa di Lesa. La passeggiata, un'investitura informale per Toti, prosegue fra strette di mano e selfie. «Dovunque vado si ferma il traffico», si compiace il Cavaliere. Sotto le volte del salotto dei milanesi è tutto un susseguirsi di foto.

Con italiani, tedeschi, giapponesi, americani. Un piccolo show che prosegue fino a piazza della Scala. Con un solo intermezzo sgradito: un contestatore si mette a urlare ma viene allontanato. È solo una parentesi, almeno per oggi.

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