Rivoluzione Versace Un urban cowboy contro l'omofobia

Rivoluzione Versace Un urban cowboy  contro l'omofobia

Ladri di poesie e di letteratura, di musica e d'immagini, di emozioni e di ispirazioni, i designer sono i grandi affabulatori dello stile. Lo ha dimostrato Donatella Versace che ha descritto la personalità di uomini stregati dai propri cavalli d'acciaio. «Il biker è il cow boy di oggi» ha detto prima di far sfilare tra il rombo dei motori e la musica rock sparata a manetta, proposte irresistibili per i ragazzi della new generation. Ai quali non sfuggirà quel sottile rimando alla fortunata serie televisiva, The Bridge girata sul ponte che collega la città texana El Paso e la Chihuahuense Ciudad Juárez. Storia di detective alle prese con una serie di delitti commessi su entrambi i lati della frontiera fra America e Messico. Non per nulla la Ciudad Juárez è tristemente famosa per la scomparsa e l'assassinio di centinaia di giovani donne. Inevitabile percepire nel grido di Donatella contro tutte le forme di oppressione di oggi, un riferimento all'omofobia e ai femminicidi. In collezione ha vinto però la celebrazione della personalità esaltata da bellissime camicie di seta stampate con i nuovi collage di automobili e simboli della casa, jeans che sembrano imbrattati d'olio ma ad arte - la manutenzione della motocicletta è cosa difficile - pantaloni di pelle su cui spicca un proteggi genitali di cuoio per tutelare i gioielli da nocive vibrazioni, supponiamo o, per sottolineare un nuovo sex appeal, sospettiamo. Bello il cappotto in cashmere rosso portato su T-shirt con medusa disegnata a mano e gli smoking in lana bouclé e lurex in vero oro. Fra i dettagli di stagione, le borse portadocumenti con tanto di manette e catena. La storia che ha raccontato Massimo Giorgetti, designer 36enne di MSGM - un brand che per aver azzeccato contenuti e strategie, ha avuto nel giro di tre anni un considerevole successo - è fatta di uomini, parole e messaggi stampati, come una poesia di Sylvia Plath, sulle camicie e sulle T-shirt. E d'immagini - il ritratto del modello impresso sulla felpa indossata dallo stesso modello - effetti grafici e una sorta di logomania che si moltiplica sulla banda dei pantaloni del tuxedo. Interessanti anche il cappotto in lana sale e pepe doppiato con tessuto scuba e i pantajogging sartoriali. Non molto chiaro, invece, il racconto di Julian Zigerli, giovane nato e cresciuto a Zurigo, laurea all'università dell'Arte di Berlino, che ha avuto il privilegio di sfilare nel tempio di re Giorgio, l'Armani/Teatro: un cortocircuito di stampe e di effetti grafici si è abbattuto su uomini in tenuta da casa, completini che sembrano pijama funestati dalla moltiplicazione di mutande pazze per via dell'abbondanza di questo indumento in passerella. Se l'intento era quello di esprimere con un tocco di humour l'originalità di un guardaroba credibile per un moderno dandy o un rocker stile anni '50, beh il risultato non è stato all'altezza. E il dandy contemporaneo non lo abbiamo scorto neppure nella sfilata Corneliani disegnata da Sergio Corneliani.

In passerella si sono visti impeccabili abiti di cashmere, giacche con spalla naturale e pantaloni asciutti, cappotti in tartan verde e blu. Ma del dandy, neppure l'ombra perché sul narcisismo ha prevalso la concretezza.

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