Rosy Bindi non ci sta: "Non sono come Daniela Santanché"

La "pasionaria" del Pd rifiuta ogni paragone: "Io non chiesi voti al Pdl"

Rosy Bindi al teatro Vittoria di Torino
Rosy Bindi al teatro Vittoria di Torino

Guai a far paragoni. Se per appoggiare la candidatura di Daniela Santanché alla vicepresidenza della Camera, si argomenta che già in passato un'esponente di spicco di un partito come Rosy Bindi è stata chiamata a salire sullo scranno più alto di Montecitorio, la "pasionaria" del Pd va su tutte le furie.

"Mi pare che ci sia materia per non usare la mia persona in modo improprio e per ribadire che è il Pdl che deve garantire i voti ai suoi candidati e superare le proprie divisioni, senza gridare al tradimento del vincolo di maggioranza. E soprattutto senza invocare un precedente che non esiste?", scrive l'ex presidente del Pd, sottolineando che nel suo caso non si trattà affatto di "comportamento bipartisan".

"Fui eletta con 262 voti, la seconda più votata dopo Antonio Leone e, pur essendo candidata del partito di opposizione, superai Maurizio Lupi", spiega la Bindi, "Infatti, il Pdl votava per Leone e Lupi, mentre il Pd, che disponeva di 217 deputati, votava per i due candidati di minoranza Bindi e Buttiglione. Fui eletta grazie ai voti del mio gruppo e penso dell’Udc. Non ebbi bisogno dei voti del Pdl, non ne feci richiesta e se qualche voto arrivò da quel partito fu libero, non dovuto e apprezzato".

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