Lo sciopero della vergogna

Organizzare a tavolino una "rivolta sociale" non ha nulla di eroico, né di sindacale

Lo sciopero della vergogna
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Non conosco nei dettagli la trattativa per il rinnovo dei contratti nel settore dei trasporti, ma so che la situazione di quei lavoratori non è così ingiusta da arrivare a gettare il Paese nel caos. Lo sciopero di ieri è stato un atto di violenza, non prevedendo neppure un minimo di fasce protette. Non tanto nei riguardi del governo, ma dei cittadini, anche loro lavoratori con non meno diritti degli scioperanti. Il sospetto fondato è che si sia trattato di uno sciopero prettamente politico, primo atto di quella «rivolta sociale» annunciata ieri l'altro da Maurizio Landini, con la quale il segretario della Cgil intende picconare il governo a prescindere dai fatti. A fronte di una manovra economica che mette i pochi soldi a disposizione proprio sulle classi più deboli e in particolare, con il taglio del cuneo fiscale, sui lavoratori; a fronte del fatto che gli stipendi

cominciano a muoversi dopo anni di stagnazione (quello di Landini è recentemente aumentato di trecento euro al mese) e che l'occupazione dà stabili segnali di crescita; a fronte insomma di una situazione non certo idilliaca ma neppure in caduta libera, la Cgil sceglie la via dello scontro frontale manco fossimo a un passo dal precipizio. Incendiare gli animi e aizzare la piazza può fare certo comodo alla sinistra in crisi di consenso e identità e alla Cgil che, anno dopo anno, perde iscritti, ruolo sociale e, di conseguenza, soldi (pare tanti soldi, anche se quantificarli è difficile perché i bilanci dei sindacati sono quanto di più opaco esiste in natura). Ma escludendo che questo possa portare a un ribaltamento della situazione politica - mancano sia i presupposti che le condizioni - il risultato di una simile strategia non potrà essere che un danno generalizzato

all'economia reale, che a sua volta produrrà un rallentamento dei benefici da crescita ai lavoratori. Landini per fare un dispetto alla suocera Meloni sta insomma tagliando gli attributi non tanto, come abbiamo visto, a se stesso, ma ai suoi iscritti. Organizzare a tavolino una «rivolta sociale» non ha nulla di eroico, né di sindacale.

È solo uno stupido fallo di reazione ai gol che quel mondo continua a prendere da anni senza che sia stato capace di riorganizzare non dico l'attacco, ma almeno la difesa. Per i dettagli vedere il risultato delle elezioni americane, casomai non bastassero quelle italiane.

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