Scoop illegali, pagheranno gli editori

Il nuovo emendamento sulla stampa, approvato al Senato, prevede sanzioni più severe per giornalisti ed editori che pubblicano atti giudiziari coperti da segreto. E ora gli editori rischiano pesanti multe, con ricadute sulle piccole testate

Scoop illegali, pagheranno gli editori

Giornalisti pronti ad atti di disobbedienza, reporter che si preparano a violare la nuova legge sulla stampa a costo di venire incriminati e condannati ce ne sono sicuramente parecchi: anzi, se la legge dovesse entrare in vigore ci sarà la gara a chi si fa incriminare per primo in nome del diritto di cronaca. Il problema è che dietro a un giornalista c'è (quasi) sempre un editore. E sono le case editrici a rischiare di subire le conseguenze più pesanti della norma che sta prendendo forma in Parlamento, la "stretta" sulla pubblicazione degli atti giudiziari già approvata ieri al Senato e in corsia di lancio alla Camera.

Perchè insieme alle sanzioni contro i cronisti l'emendamento approvato con i voti della maggioranza e dei centristi prevede l'incriminazione anche degli editori in base alla legge 231 sulla responsabilità giuridica degli enti. Saranno le aziende a dover vigilare sul rispetto da parte dei redattori delle nuove norme, andando altrimenti incontro a sanzioni assai pesanti. Ovviamente, a essere dissuasi dal timore di condanna saranno soprattutto gli editori minori, quelli che non hanno alle spalle la solidità di un grande gruppo in grado di ammortizzare la sanzione. Si profila insomma una situazione a due velocità, dove a pubblicare gli atti coperti da segreto saranno soltanto i pesi massimi dell'informazione.

È questa delle pene per gli editori l'innovazione più incisiva prevista dall'emendamento approvato a Palazzo Madama. Non l'unica: perchè la delega affidata al governo prevede anche l'inasprimento delle sanzioni penali a carico dei giornalisti direttamente responsabili della violazione. Fino ad oggi, la pubblicazione di atti coperti da segreto viene punita in modo dall'articolo 684 del codice penale piuttosto blando: arresto fino a trenta giorni o multa da 51 a 258 euro. In pratica, le rare volte in cui un cronista viene incriminato, se la cava con una oblazione - ovvero un versamento spontaneo che estingue il processo penale - del massimo dell'ammenda. E quei 258 euro non hanno mai frenato nessuno dallo sparare in pagina uno scoop.

Ora, l'emendamento chiede al governo di inasprire fortemente la sanzione prevista dall'articolo 684. Non si parla espressamente di mandare in carcere i giornalisti, anche perchè una norma simile potrebbe venire cancellata dalla Corte Costituzionale. Ma che si vada verso la linea dura è chiaro. Si parla, per esempio, anche di sanzioni disciplinari. Ma competente a irrogarle sarebbe il Consiglio di disciplina territoriale nominato in ogni città dal presidente del Tribunale, ma su proposta dell'Ordine dei giornalisti: e quindi si può ipotizzare che raramente i Consigli di disciplina metteranno in pratica il pugno di ferro voluto dal Parlamento nei confronti dei cronisti viola-segreto.

Insieme all'aggravamento delle sanzioni, l'emendamento prevede che si allarghi quasi dismisura l'elenco degli atti che non sono pubblicabili fino alla sentenza definitiva, cioè a molti anni di distanza dai fatti. Già negli anni scorsi governi di diverso colore hanno allargato l'area degli atti segreti, ma si è trattato di modifiche che non hanno inciso sulla cronaca giudiziaria (anche perchè le punizioni, come si è visto, erano quasi inesistenti). A non poter essere pubblicate erano le ordinanze di arresto nella loro versione integrale, e le intercettazioni non utilizzate per emettere le ordinanze stesse. Di fatto, questo lasciava ampio margine di manovra ai cronisti, come si è visto - per fare due esempi recenti - nel caso dell'indagine della Procura di Genova sull'allora presidente della Regione Giovanni Toti o nella retata della Procura milanese sulle curve ultrà di Milan e Inter: in entrambi i casi sono finite in diretta sui siti web e poi sulle pagine dei giornali quantità sterminate di elementi d'accusa, di frasi ad effetto dei magistrati, di conversazioni captate durante le indagini preliminari da trojan e intercettazioni.

Con la nuova norma tutto questo diventerà illegale.. L'emendamento punta a estendere l'area dell'impubblicabile all'intero contenuto di tutte le "misure cautelari reali", compreso quindi - per esempio - i provvedimenti di sequestro dei beni. Restano fuori dal divieto, e quindi pubblicabili, atti marginali come i decreti di perquisizione, che spesso sono motivati con elementi d'accusa che vi vengono riportati: ma è una "dimenticanza" cui il provvedimento del governo potrebbe rimediare.

Di fatto, al cronista che volesse seguire in pieno la legge non resterebbe che riassumere con parole sue quanto ha letto negli atti: e questo rischia, dal punto di vista sia del lettore che delle persone indagate, un rimedio peggiore del male. Certo, si potrà comunque continuare a scrivere che Tizio è stato arrestato, ma per capirne il motivo il lettore dovrà affidarsi al giornalista, e potersi fidare di lui.

Questa riforma arriva dopo anni in cui il diritto di cronaca è stato esercitato a volte in modo scomposto, spesso per fini politici (ma anche voyeuristici) e sempre sposando in pieno la tesi delle Procure: che di questo furore mediatico erano le sponde. Ora, nella lunga lotta tra libertà di stampa e diritto alla riservatezza, il Parlamento sceglie di sposare quasi per intero il secondo.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica