Scrittori antifascisti. Diamo il 5% del reddito

Samuel Beckett diceva di non amare il pettegolezzo perché allontana da noi l'idea della morte

Scrittori antifascisti. Diamo il 5% del reddito
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Samuel Beckett diceva di non amare il pettegolezzo perché allontana da noi l'idea della morte. Mi permetto di aggiungere: allontana anche la vita vera, il dovere di intervenire su di essa. Insomma, si è tanto parlato e fritto sulla questione dello scrittore oscurato per la sua performance televisiva sul 25 aprile; innanzitutto su l'antifascismo, che la questione ormai appare disgraziatamente un pettegolezzo. Tutti a inzuppare il biscotto nella brodaglia. Sta di fatto che non appartengo al partito antifascista, perché mi sa di ipocrisia, sostenuto da molti intellettuali e scrittori in carriera, che hanno fatto del pensiero e della scrittura una carriera. Io lo posso dire: Non sono un fascista. Mio padre, che ha iniziato a lavorare a sette anni e morto a ventotto, non lo era. Mio nonno era un repubblicano mazziniano. Vengo da una famiglia (sia di padre che di madre) repubblicana formata da individui scontrosi sotto ogni forma di potere. Ugo Foscolo insegna. Lo stesso poeta dell'Ortis che, quando ne parlavo certo con trasporto, io

che sono stato il primo della mia generazione a farne una premessa per i tipi dell'Unità, mi davano del fascista. Posso fare nomi e cognomi. Mi davano del fascista anche quando da ragazzo vestivo e rassomigliavo a Curzio Malaparte (racconto ciò per mettere in chiaro la stupidità). Io che ho avuto un patrigno togliattiano, che ho amato gli operai del Pci, che ho iniziato a lavorare a nove anni. Il Pci, lo stesso partito che dopo l'attacco a Luciano Lama, sindacalista carismatico, all'Università di Roma il 17 febbraio del 1977, si schierò più brutalmente di Francesco Cossiga contro la sua ala sinistra (fatta di molti ragazzi che finirono ammazzati). Quel Pci che non voleva perdere il treno del Compromesso Storico. Non facevo politica. Ero contro il mondo, studiavo, lavoravo, ero insomma preda di mio nonno e dei doveri mazziniani. Eppure sono testimone diretto di quei fatti. Come sono testimone che dopo un mese dalla cacciata di Lama, i miei amici che fumavano erba e hashish non ne trovavano più. Le strade di Roma e poi dell'intera Italia vennero imbiancate di eroina. Fu casuale? Oppure ci fu l'avallo della politica?

Dunque alla vista odierna di tanti sventolii tricolore e dall'ascolto della ripetizione seriale della parola Patria (bandita dal partito antifascista e company per decenni sono ancora testimone diretto perché venti anni fa ho scritto il poema civile L'Italia è morta, io sono l'Italia, dove già parlo dei primi passi di codesta retorica), non solo Ugo Foscolo si benderebbe gli occhi e tapperebbe le orecchie, ma lo dovrebbero fare tutti coloro che detestano il pettegolezzo e sono pronti ad agire. A mettersi in gioco.

Allora propongo agli scrittori e intellettuali italiani del partito antifascista e non; dico agli intellettuali tutti (chi più ricco, chi assai più povero) di devolvere il 5% del loro patrimonio o rendita o incassi da contratto ai veri miserabili italiani. Senza affidarsi ad alcuna organizzazione. Questo sarebbe un atto rivoluzionario! E certamente non un pettegolezzo. Io sono il primo della lista.

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