Se nell'Italia buonista la bocciatura è un tabù

La studentessa che copiava è stata salvata dai giudici: "Era in ansia". E al prossimo Sanremo di Fazio i cantanti non saranno più eliminati

Se nell'Italia buonista la bocciatura è un tabù

La ragazza era stressata. Preoccupata, anche. Timorosa. Però era titolare di «un brillante curriculum scolastico». E dunque, tutto a posto: anche se sorpresa a copiare agli esami di maturità, considerando il suo «stato d'ansia» va promossa. Lo ha decretato il Consiglio di Stato ribaltando una sentenza del Tar della Campania che voleva farle ripetere l'anno. Se si è bravini ma si è in ansia, si può copiare. Va così. Un malinteso senso di comprensione per il disagio di una ragazza innesca un metodo truffaldino. Storture del buonismo.

La bocciatura, a tutti i livelli, è un tabù. Una sventura. Una tragedia insormontabile. In tutte le situazioni, in tutti i consessi. A scuola come in un concorso professionale. Persino nei concorsi di bellezza, dove la competizione è più esasperata che ai test per entrare alla Bocconi. All'ultima «Miss Italia», i genitori delle concorrenti battute dalla vincitrice Giusy Buscemi, una volta appreso il verdetto, hanno contestato il meccanismo del televoto. Dopo l'eliminazione un'altra candidata ha gridato al complotto. In qualsiasi campo, che ci sia qualcuno superiore a te, punto e basta, non è ammesso. Se si perde, se si viene respinti, se ti dicono torni un'altra volta, vuol dire che c'è un complotto, una spectre che ti rema contro, un sortilegio negativo. Non che magari bisognava studiare di più, allenarsi di più o prepararsi meglio in modo da ridurre al minimo «lo stato d'ansia». A X Factor Simona Ventura è la più selettiva dei quattro giudici. Ripete che, per andare avanti, i ragazzi devono mostrare di possedere un talento canoro, per quanto grezzo, che un domani li possa trasformare in una popstar. Senza questa base, lei boccia maledicendo gli ammiccamenti ai quali certi smaliziati candidati ricorrono. Così facendo però spesso s'imbatte nei mugugni di Morgan, Elio e Arisa. La televisione influenza la realtà. Ispira i costumi. E così siamo sempre meno abituati agli esami, alle competizioni, alle selezioni. È un sistema dilagante. Basta assistere a qualche competizione sportiva di adolescenti e osservare il comportamento di certi genitori a bordo campo per capire perché, una volta cresciuti quegli adolescenti, per affrontare il gioco duro ricorreranno ai trucchi, al doping, agli escamotage, alla copiatura, alle raccomandazioni. Per scavalcare l'ostacolo imbocchiamo scorciatoie. Altro che meritocrazia. Il buonismo è l'anticamera del sotterfugio. La bocciatura è inaccettabile: colpa dei professori. La sconfitta è inammissibile: si contesta l'arbitro, la giuria, il televoto. Lo fanno anche fior di registi come Marco Bellocchio, escluso dal palmarès dell'ultima Mostra del cinema di Venezia: «Non parteciperò mai più a un festival». Non per fare i nostalgici, ma un tempo i nostri vecchi ci insegnavano che le prove e le sconfitte fortificano. Allargano le spalle. Irrobustiscono il midollo. Ci si alza e si riparte. Saper accettare dentro di sé un verdetto negativo è già iniziare a ribaltarlo. Saper accettare una sconfitta è già imboccare la strada per la vittoria.

Al prossimo Festival di Sanremo che sarà officiato da Fabio Fazio - «Che colpa ne ho se sono buono» ha detto a Carlo Piano sull'ultimo Panorama - anche i big della canzone italiana eviteranno di mettersi in gioco. Sarà una gara dolce. Ognuno presenterà due canzoni e le giurie ne sceglieranno una che arriverà alla serata conclusiva.

Niente antipatiche eliminazioni, niente fastidiose bocciature. Tutti in finale, d'amore e d'accordo. Già, i modelli sono questi. Poi però non lamentiamoci se i nostri ragazzi non sanno affrontare gli esami e alla prima delusione scolastica o lavorativa cadono in depressione...

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