Signor sindaco Pisapia, vogliamo provare almeno per una volta a non liquidare la questione con la solita scorciatoia della strumentalizzazione politica? In casi come questo non c'è proprio niente da strumentalizzare, perché chi osasse anche solo pensare una cosa simile sarebbe già di per sè fuori dal consesso umano. E comunque, per quanto mi riguarda, le posso garantire che mi rivolgo direttamente a lei solo in quanto sindaco, cioè «primo cittadino», cioè massimo responsabile della vita di Milano: ci fosse ancora la Moratti, o Albertini, questa storia non cambierebbe di una virgola.
A che titolo vengo a stanarla? Diciamo soltanto come membro della stessa identica specie di quella della povera donna che dorme nuda nel lerciume della Stazione centrale. Siamo entrambi esseri umani, con pari dignità. A lei, certamente, è andata un po' peggio che a me. Ma evidentemente non può essere questa differenza di fortune a costringerla in simili condizioni. Avrebbe tutte le ragioni di non accettarlo lei stessa, ma non posso accettarlo nemmeno io. Signor sindaco, lei mi dirà: e allora perché non ti muovi in prima persona. La risposta è molto semplice e sincera: lo riconosco tranquillamente, non ne sono all'altezza, non ho il fisico e tanto meno l'equilibrio morale per salvare i miserabili. Per loro fortuna - e per mia fortuna - c'è gente molto più attrezzata e competente di me, che ha scelto questo filone delle scienze umane, una vera conquista nell'evoluzione della cosiddetta società civile.
Capirà però anche questo, lei sindaco degli ultimi, lei sindaco che non vuole lasciare indietro nessuno: capirà quanto sia difficile, per me che non saprei da quale parte cominciare, mettermi tranquillo davanti alle spiegazioni fornite dall'ufficio stampa del Comune: «La persona fotografata è conosciuta dai servizi sociali, più volte l'abbiamo avvicinata, ma lei ha sempre rifiutato l'offerta di assistenza, che come noto non può essere imposta, se non in casi specifici previsti dalla legge, eccetera, eccetera, eccetera».
Ma davvero, primo cittadino Pisapia, possiamo chiudere la vicenda umana di quella donna - pietosa e feroce icona del degrado metropolitano - con questo puntiglioso comunicato? Le dico come la penso io: esprimendosi in questo modo, il Comune di Milano dà la netta sensazione di avere più a cuore la propria immagine, la propria illibatezza, la propria pedanteria burocratica che le sorti di quella donna persa e derelitta. Davvero la Milano che sta scalando i cieli con filari di grattacieli arditi può cavarsela con dieci righe ineccepibili, lasciando l'ultima degli ultimi al suo destino, solo perché il suo collassato sistema nervoso la porta a rifiutare un aiuto?
Personalmente sono molto preoccupato, come contemporaneo della ragazza e di questa lanciatissima Milano dell'Expo: mi preoccupo perché gli apparati organizzativi e ipertecnologici che superano mille ostacoli vanno in tilt davanti a una creatura in pieno naufragio personale. Lo so benissimo che non è il solo caso, ma so pure che adesso la ragazza nuda tra i rifiuti è il più caso di tutti, il caso che riassume e denuncia i tanti scheletri nascosti negli armadi della nostra società evoluta. La polvere che spazziamo sotto i tappeti.
Se è questa la Milano che dobbiamo tenerci, la Milano in cui i servizi sociali non riescono ad essere né servizi né sociali davanti a una donna alla deriva, io chiedo di fermare la corsa almeno per un attimo, perché voglio scendere. Ci stiamo dicendo che non riusciamo ad accudire quella donna e a restituirle una dignità: dal mio punto di vista, è il chiaro segno che abbiamo seri problemi. Più preoccupanti dei suoi. Sì, c'è qualcosa di molto più misero della donna nuda in mezzo ai cartoni: c'è un Comune che la considera accettabile.
Se però, caro sindaco, vuole pensare che tutto questo polverone non nasca da istintiva pietà e da civica indignazione, ma da bassa speculazione politica, stia sereno: faccia conto che non ci siamo mai sentiti. E dorma un sonno sereno, se ce la fa.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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