Silvio Berlusconi e l'arte della lucida follia

Nella lunga fenomenologia del Cavaliere tra incontri, scontri, cadute, ascese, amici e nemici c'è un personaggio, per la precisione un teologo e filosofo che ne ha influenzato il cammino: Erasmo da Rotterdam

Silvio Berlusconi e l'arte della lucida follia

Chissà se quel ragazzo classe 1936 - della piccola e laboriosa borghesia milanese - che già sognava in grande, figlio di un impiegato di banca e di una segretaria, avrebbe mai immaginato nei campetti polverosi degli oratori salesiani, con l’amico di sempre Fedele Confalonieri, di “assentarsi” a miglior vita con il suo volto diffuso su notiziari, social e siti di tutto il mondo. In un’epoca in cui c’erano giusto la radio e il telegrafo. E la seguitissima pagina Facebook “Silvio Berlusconi Thug Life Edition. Il Ritorno del Cavaliere Mascarato” ha già sentenziato: “Bomber una volta, leggenda per sempre”.

Lui, che con una risata seppelliva, blandiva e ammaliava clienti, colleghi, amici e nemici avrà l’umore un po’ nero per lo scherzetto della morte, siamo sicuri che si stia adoperando per una nuova discesa in campo! Il Cavaliere, la morte e il diavolo potrebbe essere l’ultimo capitolo di una storia appunto leggendaria, ma abbandonando l'accenno a Sciascia sarebbe più utile richiamare Ennio Flaiano: “Per gli italiani l’inferno è quel posto ove si sta con le donne nude e con i diavoli ci si mette d'accordo”. Immancabile risata.

Una frase per il gran finale: “Qualsiasi cosa dicano di me i mortali – non ignoro, infatti, quanto la Follia sia portata per bocca anche dai più̀ folli – tuttavia, ecco qui la prova decisiva che io, io sola, dico, ho il dono di rallegrare gli Dei e gli uomini” (Erasmo da Rotterdam, “Elogio della Follia”).

Sono le prime righe di quel capolavoro di Erasmo da Rotterdam, “Elogio della follia”, che fu alla base dell’umanesimo berlusconiano. E in effetti Berlusconi scherzò con i (tanti) fanti senza però lasciar stare gli altrettanti “santi”. Ricordate la barzelletta su Gesù? Il Santo Padre? E poi il vanto fiero di essere il rappresentante dell’Italia cattolica erede nella tradizione popolare e democristiana nonostante gli scandali, le feste e le disavventure giudiziarie. Fu Forza Italia nel 1994 sotto la sua guida a creare il vero compromesso storico (secolare della politica) tra cattolici e liberali superando quel fossato che si portava dietro dal Risorgimento.

Fu l’inguaribile ottimismo, la visione, la lucida follia e il calcolo matematico dei suoi sondaggisti (che consultava come cassandre) a portare Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi. E aprire uno dei tanti capitoli, probabilmente il più ampio, di un’esistenza vissuta ai massimi livelli: dai palazzi di Milano ai trofei calcistici internazionali, le tv commerciali oltreconfine (una Mediaset europea), Palazzo Chigi, la Casa Bianca, il Congresso americano, la Knesset, i G8, l’Europarlamento etc, etc, etc.

E ora, lì, vestito in rigoroso doppiopetto scuro (Caraceni), cravatta a fondo blu con i classici pois (Marinella) e mocassino rialzato se ne sta il Cavaliere, per tutti il Cav., il Presidente o più comunemente chiamato nei bar “il berlusca”. L’uomo che ha fatto esultare, sognare, dividere e leggere milioni di italiani (e non) sfoglia un libro. All’apparenza piccolo, insignificante e anche un po’ datato.

Fa un po’ strano vedere uno degli uomini più ricchi, potenti e influenti d’Italia custodire gelosamente quel piccolo volume. Oltretutto potrebbe obiettare qualche insolito e curioso passante che “lui è pur sempre proprietario del più grande gruppo editoriale italiano”. Giuliano Ferrara con la solita arguzia tanti anni fa lo ringraziò per aver pubblicato tanti libri sul comunismo tra cui “Il Capitale” di Marx. E se non ricordo male lo definì pure un personaggio di sinistra! Per chi conosce l’ “elefantino” tutto nella norma, per i più potrebbe essere stata una “boutade” tirata nella mischia per accrescere (forse?) il dibattito sulla mancata realizzazione della rivoluzione liberale.

In realtà in quella provocazione affettuosa – essendo i due profondi amici – c’era tutta l’essenza del berlusconismo-ismo-ismo, ovvero la capacità di Silvio Berlusconi nell’invadere follemente ogni campo, spazio, angolo, persona mutandone gusti, sentimenti, sensazioni e idee. E chi se non un uomo folle poteva in una vita viverne altrettante cadendo a terra alla Napoleone (a cui pure somigliava un po’ per altezza) e resuscitando come l’Araba Fenice? Era un gioco di specchi, maschere e scacchi. Appariva nell’eterna quotidianità dal piccolo al grande schermo, dal giornale alla rivista di gossip, dalla radio alla notifica sul telefono e poi si inabissava nei labirinti di Arcore, Villa San Martino. La sede della “real” casa dovevo tutto o quasi era finito per ricominciare.

C’è un altro passo – tra i tanti – che merita di essere menzionato della citata opera: “Se, infatti, secondo la definizione stoica, la saggezza consiste solo nel farsi guidare dalla ragione, mentre, al contrario, la follia consiste nel farsi trascinare dalle passioni, perché la vita umana non fosse del tutto improntata a malinconica severità̀, Giove infuse nell’uomo molta più̀ passione che ragione”.

Potremmo dunque affermare che Berlusconi prese alla lettera queste righe, le studiò minuziosamente, per poi applicarle alla vita, al lavoro, alla carriera e ai rapporti umani non senza una dose di cinismo (che però non fu mai di stampo andreottiano) e mistero (che aleggerà sempre sulla sua dirompente e travolgente ascesa).

Progettò un modello di città all’avanguardia coniando un nuovo modello di urbanistica comunitaria, verde e coinvolgente. Da una piccola televisione via cavo creò un impero dei media (Mediaset) lanciando una sfida concorrenziale, politica e culturale alla Rai e al sistema dei partiti: Dc-Pci. Gestì la più grande catena di supermercati degli anni ’80, La Standa. Prese il Milan sull’orlo del fallimento e diventò il presidente più titolato della storia del calcio. Con Ennio Doris rivalutò il risparmio degli italiani dando vita a Mediolanum oggi Banca Mediolanum. Investì nel “Giornale” di Montanelli quando nessuno dei grandi capitalisti ne aveva il coraggio. Acquistò la Mondadori e duellò a Segrate con l’arcinemico Carlo De Benedetti.

Avrebbe avuto molti più giornali e riviste se non fosse stato stoppato da Giulio Andreotti che mandò avanti il factotum Giuseppe Ciarrapico per una mediazione. Entrò nel salotto buono di Mediobanca, dopo la morte di Enrico Cuccia. Si dice che lo guardasse con un’aria un po’ “snob”. Superò per ricchezza Gianni Agnelli. Fondò un partito in pochi mesi e vinse le elezioni; realizzò il centro-destra di governo che forse nel 2024 arriverà come modello anche in Europa a cui guardava con l’obiettivo di unire e non dividere le famiglie popolari, cristiane, liberali, conservatrici senza però dimenticare l’unità morale e l’ideale europeo trasversale che ci accomunava tutti come figli della stessa patria (Europa). Dalla difesa comune all’alleanza Atlantica fino ad una terza via diplomatica con la Russia di Putin si era battuto negli ultimi tempi tra realismo e ottimismo. Nel 2022 era tornato al governo del paese con una maggioranza di centro-destra, i cui tanti pretori, ministri e onorevoli devono a lui fortune e ricchezze. Con l’amico e collaboratore storico Adriano Galliani hanno preso il Monza portandolo in Serie A e posizionandosi subito all’undicesimo posto, esprimendo un buon calcio e lanciando l’allenatore della primavera Palladino.

Il segreto? La ricetta vincente la conosce solo Berlusconi. Certo che non solo strategia, analisi e tabelle possono spiegare i brillanti risultati. Silvio Berlusconi è stato un umanista pratico e pragmatico, un imprenditore visionario e spregiudicato, un comunicatore empatico, un leader carismatico. Della sua vita ha fatto una commedia, prima in bianco e nero e poi a colori mescolando il meglio dell’italianità: Totò, Peppino, Garibaldi, Cavour… con sfumature luciferine. È passato indenne dalla tv anni ’80 a Tik-Tok ribattezzando il popolare social come “Tik-Tok-Tak” e facendo nel giro di poco tempo circa dieci milioni di visualizzazioni. Lui un uomo di oltre 85 anni “ma dal cuore sempre giovane”.

Il 29 ottobre 2007 (in un video visibile su YouTube) ripercorse – come mai prima – il suo successo dispensando come in un testamento ai più giovani alcuni consigli preziosi: “… Intanto bisogna lavorare molto, dormire meno, io sono arrivato a dormire anche solo tre ore per notte… fissarsi dei traguardi ambiziosi e saperci circondare da collaboratori che siano anche degli amici in modo che quando si fanno sacrifici e si lavora tanto non sembra di stare sul luogo di lavoro ma ti senti come al bar, in mezzo agli amici e poi non bisogna mai deludere nessuno… Avere il rispetto degli altri e mettersi sempre nei panni degli altri…”.

Questo intervento intitolato non a caso da un utente “La formula del successo” è un manifesto di libertà, di vita, di lavoro e di speranza che meglio racchiude la storia, l’epoca, il tragitto di un uomo che ha segnato l’esistenza di un intero popolo e che oggi entra ufficialmente con Mussolini e De Gasperi tra le figure chiave del secolo scorso con l’ambizione di continuare a far parlare di sé. Berlusconi è già postumo di se stesso.

E se “dopo la morte degli uomini sorge una grandissima fama” (Erasmo da Rotterdam), il Cavaliere che di fama non aveva certo bisogno, piuttosto starò riflettendo su quel mancato miracolo dell’eterna giovinezza su cui scherzava con l’amico don Verzè che gli aveva promesso di allungare la vita almeno a centoventi anni. E non è un caso che Silvio Berlusconi se ne sia andato dal San Raffaele, l’ospedale fondato dal prete veneto, e a due passi dalla sua città del cuore: Milano. In cui tutto è iniziato e finito. Ma, conoscendo il personaggio prepariamoci a eventuali colpi di scena.

“Io ho sempre pensato con

Erasmo da Rotterdam che le cose più grandi nella vita e nella Storia, siano sempre frutto, non della ragione, ma di una sana, lungimirante, visionaria follia della ragione, ma di una sana, lungimirante". Silvio Berlusconi

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