Più opere pubbliche, meno ambientalismi: il sindaco Pd di Ravenna smonta gli ecodem

Michele De Pascale ricorda che è l'uomo ad aver reso vivibile e messo in sicurezza quella palude, ma oggi si pensa più a salvare le nutrie e che la vita umana

Più opere pubbliche, meno ambientalismi: il sindaco Pd di Ravenna smonta gli ecodem
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“Il nostro Paese ci ha chiesto pochi mesi fa di realizzare uno dei due rigassificatori per fronteggiare l’emergenza energetica, il Comune di Ravenna e la Regione Emilia-Romagna in 120 giorni ne hanno autorizzato la realizzazione. L’Italia aveva bisogno di noi e ci siamo stati, ora siamo noi ad avere bisogno e chiediamo al Paese di fare lo stesso nello stesso tempo”. A parlare è Michele De Pascale, sindaco e presidente della provincia di Ravenna. Lo avevamo conosciuto in prima fila, e controcorrente, per la sua difesa della ricerca di idrocarburi nel Ravennate, in controtendenza contro i No Triv e la moratoria alle trivellazioni imposta del governo Conte. Un industrialista razionale e coraggioso in mezzo al decrescismo populista che ha caratterizzato il Partito democratico negli ultmi anni alla rincorsa di grillini e nimby di ogni specie.

Oggi Michele De Pascale sta affrontando senza sosta l’alluvione che ha colpito il suo territorio. Ma lo fa, con maniche rimboccate e stivali, senza perdere il raziocinio e il coraggio che lo ha sempre caratterizzato, neppure difronte al dramma e all’emergenza. “Le nutrie come tane fanno buchi enormi negli argini dai quali entra acqua che li indebolisce. Ma quando ho provato a fare i piani per controllare la riproduzione ho ricevuto minacce di morte dagli animalisti”, racconta il primo cittadino di Ravenna. Così hanno fatto anche gli ambientalisti quando ha ordinato di tagliare gli alberi.

"La deindustrializzazione non è la strada nella quale credo, penso siano necessarie nuove politiche, energetiche e ambientali- dice il sindaco-Noi dobbiamo ricostruire fabbriche e case alluvionate ma dobbiamo anche saperle proteggere, rinforzando gli argini, creando le espansioni, gli invasi e potenziando le idrovore.Il fiume se lo so lascia naturale esonda. Se non si vuole che esonda bisogna rifare gli argini con la logica delle opere pubbliche. Noi ci siamo salvati grazie a opere napoleoniche. Penso al Cavo Napoleonico, che ci collega al Po nel Ferrarese, alla rete scolante dei canali scavati ai primi del Novecento, alla colossale opera idraulica ultimata nel 1.700 dei fiumi uniti, che ha deviato a sud il corso dei fiumi Ronco e Montone. Voglio dire che a salvarci è la nostra storia: ma questo non significa che il passato ormai sia sufficiente per assicurarci un futuro. Se dovessimo citare quelle degli ultimi 50 anni ci dovremmo vergognare". Secondo Michele De Pascale questa tragedia ci insegna che la politica deve darsi delle priorità: "è più importante salvare vite umane o preoccuparsi di questioni come la nidificazione nei fiumi o la difesa di alberi e nutrie?” Chiede il sindaco "questa esperienza ci porta su una dimensione in cui mai più potremo ascoltare le lamentele di chi non vuole che si abbattano alberi dentro agli alvei fluviali o voglia soprassedere al controllo delle specie alloctone come le nutrie, che vanno azzerate.

Ovviamente non è solo colpa delle nutrie. Michele de Pascale spiega che servono opere pubbliche, cemento, dighe, casse di laminazione. Tutte opere osteggiate dagli ambientalisti che vorrebbero ripristinare lo stato originario della natura. Ma lo stato originario di questa terra era una palude, spiega. Le opere dell’uomo l’hanno reso vivibile. "Sento nelle trasmissioni televisive che la soluzione sarebbe rinaturalizzare i fiumi, tornare a un glorioso e incontaminato passato. Ma per noi tornare al passato significherebbe tornare alle paludi, alla malaria”. Adesso va ricostruita la collina distrutta dalle frane, la pianura che vive il contrasto tra siccità e inondazioni. Serve un’azione decisa, con poca burocrazia e grande trasparenza. "Vogliamo ricostruire, ma molto meglio rispetto al passato".

Il sindaco, quando ha incontrato il presidente Meloni a Ravenna, ha sottolineato tre punti, "e non riguardano solo richieste. Il primo è un sentito grazie per aver raccolto il mio allarme di qualche giorno fa, quando temevo che si pensasse che il problema fosse esaurito con gli allagamenti lungo la via Emilia. Ho detto al Governo che l’emergenza sarebbe proseguita con la Bassa Romagna e con Ravenna. Oggi abbiamo il 20% della superficie ravennate sott’acqua, equivale metà del Comune di Milano. La Meloni ha mandato qui i suoi uomini migliori con i quali abbiamo lavorato gomito a gomito per salvare, innanzitutto, vite umane. Il secondo punto riguarda gli indennizzi che devono essere assegnati in maniera chiara e trasparente, a famiglie, imprese aziende agricole.

Il terzo tema è che noi intendiamo ricostruire tutto, ma in modo migliore perché ci troviamo ad affrontare sfide enormi". "Mentre prima i comunisti come mio nonno abbracciavano l’innovazione per bonificare, spaccandosi la schiena - conclude il sindaco del Pd - adesso gli ambientalisti vorrebbero bloccare tutto”.

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