"Barbarie", "Delitto", "Lapidazione". Quando la sinistra contestava le sentenze dei giudici

Da Nichi Vendola a Marco Cappato, passando per Michele Emiliano, Mimmo Lucano e importanti leader di partito: in caso di condanne o di verdetti avversi, le reazioni sono sempre state furibonde contro i rispettivi magistrati

"Barbarie", "Delitto", "Lapidazione". Quando la sinistra contestava le sentenze dei giudici

Hanno accusato il governo di avere criticato troppo aspramente la sentenza del Tribunale di Catania che non ha convalidato il trattenimento per quattro migranti tunisini nel centro di Pozzallo e la giudice che ha scritto quel responso, Iolanda Apostolico, che in tempi recenti aveva espresso sui propri profili social delle chiare antipatie per esponenti dell'attuale governo Meloni e aveva sponsorizzato battaglie politiche a favore dei migranti. Ma, come spesso capita, gli esponenti di sinistra di dimenticano di guardare dentro il loro movimento politico in direzione di quei "compagni" che, in un recente passato, avevano più volte attaccato i giudici che avevano sentenziato contro loro stessi o comunque contro alcune battaglie ideologiche vicine al loro mondo di riferimento. Gli esempi sono molteplici e i toni utilizzati potrebbero tranquillamente fare impallidire le dichiarazioni rilasciate nelle scorse ore dal presidente del Consiglio e altri membri della maggioranza.

Nichi Vendola

Partiamo da una figura che per tanti anni è stata considerata la grande speranza della sinistra da parte degli elettori di quell'area: Nichi Vendola. Per dieci anni presidente della Regione Puglia e leader di Sinistra Ecologia Libertà, l'ex parlamentare di Rifondazione Comunista è stato condannato in primo grado a tre anni e mezzo in primo grado per concussione aggravata nel processo "Ambiente Svenduto" sull'ex Ilva di Taranto. Siamo nel giugno del 2021 e, intervistato da vari giornali, Vendola commentò in maniera durissima la sentenza: "deriva giustizialista", "ecomostro giudiziario", "barbarie". Per poi specificare: "Sono finito in una tagliola giudiziaria. Aspettavo con ansia la fine di un incubo che dura da troppi anni. Invece subisco una condanna assurda, che avalla un'accusa grottesca". Si tratta di una sentenza che "calpesta la verità per me e per chi ha lavorato con me", "un grave delitto contro la verità". Inoltre: "Ho sempre pensato che ci si difende in tribunale: e questo oggi capisco che è un errore". Perché "la gogna è il tifo colpevolista, è la lapidazione costruita in un continuo gioco di carambola tra alcuni pubblici ministeri e parti del giornalismo".

Mimmo Lucano

Pochi mesi più tardi rispetto a Nichi Vendola, arriverà anche la sentenza giudiziaria per Mimmo Lucano, ex sindaco di Riace, considerato il grande simbolo dell'accoglienza dei migranti a tutti i costi: il Tribunale di Locri lo condanna in primo grado alla pena di 13 anni e 2 mesi di reclusione per i reati di truffa, peculato, falso e abuso d'ufficio, appesantiti dall'aver "costituito un'associazione per delinquere che aveva lo scopo di commettere un numero indeterminato di delitti contro la Pubblica Amministrazione" in concorso con la compagna Tesfahun Lemlem e con vari prestanome. Da considerare giustamente innocente fino a una sentenza definitiva (come Vendola), Lucano si sfogò: "Quando parlano di associazione a delinquere dovevano mettere insieme a me anche il ministero degli Interni e la Prefettura di Reggio Calabria, perché allora mi chiamavano San Lucano in Prefettura, perché gli risolvevo i problemi degli sbarchi". L'ex primo cittadino ne è convinto: "Questa storia è piena di contraddizioni". Si tratta di una "vicenda inaudita" all'interno della quale "ci sono tante ombre e cose gravi contro di me": "Per la prima volta, si è tentato, quasi scientificamente, di delegittimare, anche a livello mediatico, il cosiddetto modello Riace".

Michele Emiliano

Restando ancora nel Sud Italia, c'è un attuale presidente di Regione che si era messo alla testa del sedicente "popolo degli ulivi" che si batteva contro le eradicazioni delle piante colpite dal virus della Xylella. Nel 2016 la Corte di Giustizia europea confermò la validità dell'obbligo di procedere alla rimozione immediata delle piante ospiti indipendentemente dal loro stato di salute in un raggio di 100 metri attorno alle piante infette. Per Michele Emiliano "la Corte ha ritenuto di confermare misure drastiche che rischiano di produrre conseguenze inimmaginabili per il nostro paesaggio e anche per la nostra economia". Ma poco tempo dopo il governatore pugliese fu decisamente molto meno tenero riguardo a questa tematica: "Tagliare e distruggere gli ulivi monumentali proprio ora, con i progressi che sta facendo la ricerca per trovare la cura, sarebbe un po' come quando le guardie dei campi di concentramento nazisti uccidevano i prigionieri poco prima dell’arrivo delle truppe alleate". Un paragone leggermente azzardato, per usare un eufemismo.

Marco Cappato

Non solo tribunati e Corti europee. Anche la Consulta venne messe pesantemente nel mirino da un esponente di sinistra. Capitò appena un anno fa quando Marco Cappato si scagliò contro la Corte Costituzionale, presieduta da Giuliano Amato nel febbraio 2022, che bocciò le proposte di referendum dei radicali su cannabis e fine vita. "Brutta notizia per la democrazia", "quella dei giudici è stata una valutazione politica" ed è stato sferrato un "attacco al comitato promotore". Anzi, "c'è stata una manipolazione della realtà", che ha comportato una "violazione grave del diritto" dei cittadini di esprimersi. Il tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni andò si rivolse direttamente al presidente Amato, che avrebbe solo pronunciato delle "fake news" in conferenza stampa: "O c'è un errore materiale nel giudizio dei due quesiti, o c’è un attacco in malafede a noi promotori. Scelga il presidente della Corte quale delle due possibilità".

Coppie omosessuali

Nel 2015 una sentenza del Consiglio di Stato annullò la trascrizione da parte dei Comuni delle nozze contratte all'estero da cittadini omosessuali. Subito furono tante le reazioni dei tanti delusi che a sinistra gridarono allo scandalo per la presunta non imparzalità esercitata dall'estensore della sentenza, il giurista, Carlo Deodato, considerato troppo vicino alle istanze della famiglia tradizionale: "Chi l'ha scelto avrebbe dovuto porsi un problema di opportunità. Lui stesso, forse, avrebbe potuto astenersi", commentò Donatella Ferranti, presidente della commissione Giustizia alla Camera per il Partito Democratico. Quest'ultima commentò l'intera vicenda con delle parole per niente dissimili a quelle utilizzate recentemente dal centrodestra: "Il problema che ci si pone è la nuova frontiera dei social. Io non so se questo giudice ha rilasciato i suoi tweet fino all'ultimo, o l'ha fatto prima che gli venisse assegnata la causa, ma mi pare evidente che dovremo presto adeguare le norme sulle astensioni. Non per caso - sottolineò Ferranti - nel codice etico dell'associazione nazionale magistrati, leggiamo che: fermo il principio di piena libertà di manifestazione del pensiero, il magistrato si ispira a criteri di equilibrio, dignità e misura nel rilasciare dichiarazioni ed interviste, così come in ogni scritto e in ogni dichiarazione destinati alla diffusione. Mi sembra scritto ottimamente. Specie nei social ci vuole equilibrio e misura".

Il G8 di Genova

Dopo la condanna dei black block per i fatti del G8 di Genova (2009), il comitato "Piazza Giuliani" e Rifondazione Comunista commentarono in coro il responso in maniera molto negativa: "Questa non è una sentenza è una vendetta, una mostruosità giuridica in cui versa il diritto e la politica nel nostro Paese. Queste sono sanzioni inflitte dagli stati autoritari contro i dissidenti". "I processi genovesi sono processi politici", riteneva Vittorio Agnoletto. Nonché "una sentenza difficile da digerire, difficilmente comprensibile perché per compensare che alcuni imputati hanno dovuto essere assolti per prescrizione, i giudici hanno elevato le pene per altri a livelli direi incompatibili".

I leader contro i magistrati

Matteo Renzi, Beppe Grillo, Massimo D'Alema. Ci sono stati anche storici leader di partito o ex presidente del Consiglio di centrosinistra ad accusare magistrati che stavano indagando su di loro. Il più impetuoso è stato l'ex sindaco di Firenze contro i magistrati della sua città che lo indagarono per il caso Open: "Io credo che i magistrati fiorentini non siano credibili. Ritengo eversivo il comportamento di Luca Turco che non rispetta nemmeno le sentenze della Cassazione. Ritengo scandaloso l'operato di Nastasi, il PM che prima di occuparsi di me ha seguito la tragica vicenda David Rossi a Siena. Io ho detto in faccia a quei PM che non mi fido di loro". Il fondatore del Movimento Cinque Stelle denigrò i magistrati che lo misero sotto inchiesta per traffico di influenze illecite, pubblicando una foto di uno scatolone e un cartello coi prezzi. Il titolo del messaggio recitava "Traffico di influenze". Sotto c'era il tariffario: "Legge tramvia in centro 2 mila euro"; "Legge pulizia strade 1000 euro"; "Solo tombini 500 euro".

Infine D'Alema, indagato per corruzione internazionale aggravata per la vendita di armi per 4 miliardi di dollari alla Colombia, ammise che sui giudici Silvio Berlusconi non aveva tutti i torti, sottolineando "uno squilibrio nei rapporti tra poteri dello Stato".

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