Si leva unaria torbida e fetida dalle vicende calabresi che, per la gravità degli addebiti contestati dai pubblici accusatori, tengono banco nelle cronache amare di questo Paese. Dicono, gli accusatori, che un giudice del tribunale di Vibo Valentia teneva mano a una cosca potente e temuta, lasciandosi corrompere per favorire gli uomini di quellassociazione a delinquere. Con questo giudice, una signora presidente di sezione, sono stati arrestati due avvocati, che sarebbero stati gli elementi attivi della corruzione; qualche altro magistrato sarebbe indagato, per una collaborazione sospetta col giudice arrestato. Una storia terribile, che racconta come limmagine e le funzioni principali dello Stato possano svilirsi in una terra di frontiera, dove non è chiaro se sia più forte il potere ufficiale o quello parallelo e sotterraneo della ndrangheta.
Per convinzione e costume civile crediamo fermamente nella presunzione dinnocenza e nel garantismo che assicura equi processi e giudizi imparziali, non confondiamo le accuse con le sentenze irrevocabili, anche se immaginiamo il tormento di magistrati che hanno chiesto e ordinato larresto di una collega. Vedremo, gli sviluppi dellinchiesta chiariranno dubbi e incertezze, ma intanto non si può ignorare lo scenario reale e drammatico che fa da sfondo a questa vicenda. Anche a voler ridurre il peso delle accuse, emerge il quadro di una società devastata, nella quale il crimine organizzato ha una rilevanza abnorme e nella quale si registrano mortifere collusioni fra pezzi dello Stato e malaffare. Cè si intuisce un groviglio inconfessato fra politica e affari sporchi, fra politica e frange speriamo marginali - della magistratura, addirittura fra uomini della legge e organizzazioni criminali. La tragedia calabrese è anche questa.
Per ricordare il valore civile della lezione di Leonardo Sciascia che scriveva della Sicilia, ma il suo lascito vale per tutte le terre di mafia e mafie bisogna ricordare il «contesto». In questi giorni la Calabria è scossa da un altro scandalo, dalla vicenda oscura di un esponente Ds arrestato sotto laccusa di aver concorso a una truffa per i fondi europei e scarcerato dopo che un deputato della maggioranza di governo gli aveva assicurato che il Gip «cattivo» («bastardo» come si evince da una registrazione ambientale) sarebbe stato trasferito. Sono avvenute entrambe le cose, il trasferimento e la scarcerazione. Il contesto è questo, siamo garantisti ma non nascondiamo lo scoramento.
La Calabria oggi è governata da un centrosinistra che non ha lesinato la retorica della trasparenza e del rinnovamento, ma che appare impantanato nelle sabbie mobili di un vecchio sistema legato soprattutto allo sfruttamento del sottogoverno e ad ambigui contatti con la società incivile. Su questa gestione politica di una regione tormentata grava lomicidio Fortugno, non ancora chiarito, nato proprio in quellarea oscura in cui si toccano e concertano la cattiva politica, il malaffare e magari altri pezzi delle istituzioni, normalmente ritenuti al di sopra di ogni sospetto.
Per usare un linguaggio stracco e abusato, cè «emergenza» anche in Calabria. Ma il governo non se ne occuperà, statene certi. Il Professore ha escluso che quella di Napoli sia unemergenza, figuriamoci se riconoscerà leccezionalità negativa della situazione calabrese.
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