Sondaggi fittizi e vittorie reali: l'effetto Schlein non esiste

Da settimane i sondaggi bombardano il centrodestra. In Fvg però il fantomatico effetto Schlein non c'è stato: il Pd perde terreno, il M5s scompare e l'armata giallorossa affonda

Sondaggi fittizi e vittorie reali: l'effetto Schlein non esiste

È vero, il dato nazionale è tutt'altra cosa. Eppure il risultato di ieri in Friuli Venezia Giulia, con il dominio incontrastato di Massimiliano Fedriga e lo strapotere del centrodestra, vorrà pur dire qualcosa. E quel qualcosa va oltre la cronaca della politica locale di una roccaforte confermata, l'ennesima su una cartina dell'Italia da anni sempre più colorata di azzurro. Si tratta infatti di un primo test che smonta la narrazione dell'effetto Schlein sul Paese e soprattutto i sondaggi negativi del governo Meloni.

Lo spoglio, in Friuli Venezia Giulia, si è concluso con la vittoria schiacciante di Fedriga: oltre il 64% delle preferenze e quasi 315mila voti, più del doppio rispetto al candidato del centrosinistra Massimo Niretuzzo. Alla fine, dunque, l'effetto Schlein non si è visto. Nessun "miracolo" dell'ultimo momento, insomma. Non solo alla neo leader del Partito democratico non è riuscito il ribaltone, ma nemmeno il benché minimo traino. Eppure i sondaggi nazionali la danno col vento in poppa e il partito in continua crescita. Il Pd, dicono, è tornato al 20%. E "la crescita continua dopo un primo boom successivo all'elezione della Schlein". In Friuli Venezia Giulia, però, tutto questo entusiasmo non si è visto: il Pd si è fermato poco sopra al 16%, quasi due punti in meno rispetto alle regionali del 2018 e alle politiche dell'anno scorso.

È vero, lo abbiamo detto subito, il dato nazionale è tutt'altro. Ma, fosse reale l'inversione di rotta, qualcosa lo avremmo pur dovuto vedere già in Friuli Venezia Giulia. E invece no. Nell'ultimo mese hanno scritto di tutto. Partiamo dal 3 marzo, una settimana dopo il naufragio di Cutro: "I giorni neri del governo, fiducia a picco per Piantedosi e Valditara". Dieci giorni dopo: "Più di un italiano su due boccia il governo Meloni sui migranti". E poi il 19 marzo: "Per la premier gradimento ai minimi da inizio mandato". E l'indomani: "Scende la fiducia nel governo Meloni, la tassa piatta non piace agli italiani". Mah! Il 30 marzo tornano alla carica: "Tra diritti e Pnrr il centrodestra perde consensi. Il Pd si avvicina a FdI". E, infine, l'ultimo sondaggio del mese sentenzia così: "Il 51% non ha fiducia nella premier".

Niente di tutto questo si è visto ieri. Alla Schlein, che ha perso molto male, non resta che una magra consolazione: i sondaggi che aleggiano nell'empireo della fanta-politica e che li danno in continua salita. E se i dem ne escono con le ossa rotte, il M5s dev'essere portato via attaccato al respiratore. L'armata giallorossa, tolto il Pd, è un desolante campo di cespugli appassiti.

Il partito di Giuseppe Conte non arriva nemmeno al 2,5%, quasi cinque punti in meno rispetto alle regionali del 2018 e alle politiche dell'anno scorso. Una prestazione (di poco superiore a quella dei Verdi) che la dice lunga sulla forza delle alleanze che sta coltivando l'ex sardina.

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