Ilda Boccassini, presente in udienza, non si è opposta al lungo rinvio. Anche se il tribunale non lo ha esplicitamente stabilito, la prescrizione del reato (peraltro assai lontana) resta congelata sino alla ripresa del processo. L'intero fronte dei processi milanesi a Berlusconi entra così in una sorta di letargo, in attesa che la Cassazione sciolga il nodo che rappresenta ormai il punto centrale dello scontro tra il Cavaliere e le toghe: se a Milano sia possibile un giudizio sereno a carico dell'ex presidente del Consiglio o se invece, come sostiene Berlusconi, il clima nel palazzo di giustizia meneghino sia viziato da un pregiudizio nei suoi confronti tale da rendere inevitabili una serie di sentenze di condanna.
Scontro portato a Roma, dunque, davanti alla sesta sezione della Cassazione, mercoledì 18 aprile. Già in passato, nel gennaio 2003, la Suprema corte aveva rifiutato una richiesta analoga presentata da Berlusconi, e così i procedimenti restarono a Milano (dove, peraltro, il Cavaliere riuscì poi a incassare anche proscioglimenti e assoluzioni). Oggi lo scontro è però - se possibile - ancora più aspro. Se la Cassazione gli dará torto, Berlusconi dovrà prendere atto di dover fare i conti non con una singola Procura o un singolo tribunale, ma con la magistratura nel suo insieme. Se invece la richiesta di rimessione venisse accolta e i processi finissero a Brescia, ad incassare una sconfitta epocale e una sorta di sconfessione sarebbe la Procura milanese.
Nel frattempo, in un modo o nell'altro, Berlusconi raggiunge un risultato: la delicata fase politica che si è aperta dopo le elezioni e dopo il conferimento del l'incarico a Pierluigi Bersani, lo vedrà in campo senza l'assillo delle udienze e delle possibili condanne.
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