Sulle tombe vietato il latino La burocrazia entra al cimitero

In un paese del Padovano un'ordinanza impedisce scritte su loculi e ossari che non siano in italiano. Al bando anche la lingua degli antichi, è morta

Sulle tombe vietato il latino La burocrazia entra al cimitero

E se qualcuno decidesse di andarsene, in senso definitivo, prima si premuri di compilare l'apposito modulo. Diamine, bisognerà pur avere un minimo di regola, mica si può fare ciò che si vuole anche da morti. È un fatto: non si sa come ce ne andremo, se all'improvviso, se lentamente, se tardivamente, se prematuramente. Sappiamo però con certezza chi non ci lascerà mai, nemmeno in quel momento, più fedele di amici e congiunti: la burocrazia. Quella sì è la vera compagna di una vita: ci aspetta prima ancora di nascere e non ci lascia nemmeno dopo. Se noi dormiamo il sonno eterno, la burocrazia non chiude mai occhio: sempre sveglia. Che il diavolo se la porti.

Il sindaco di Albignasego, nel Padovano, è molto orgoglioso dell'ultimo regolamento approvato in municipio: nel cimitero del paese si può schiattare solo in italiano. Vietata qualsiasi altra lingua sulle lapidi. Dopo tutta una vita a sentirci dire che senza l'inglese non si va da nessuna parte, sarebbe persino consolante apprendere che almeno nell'aldilà si può andare tranquillamente. Ma non è il caso di fare dello spirito. Il diktat (posso usarlo, ancora respiro) è perentorio. Che so: un tizio vorrebbe togliersi l'ultimo sfizio (il penultimo, in verità: l'ultimo è dormire senza tisane), l'ultimo sfizio del tipo farsi scrivere una bella frase in latino, un aforisma eterno e incrollabile, un lascito morale che i sopravvissuti possano leggere per cogliere il senso di un'esistenza, a me personalmente piace per esempio quello che nel 1794 Kant scrisse come motto sul manifesto dell'Illuminismo: «Sapere aude», osa conoscere, abbi il coraggio di cercare la verità, eccetera, eccetera… Un tizio ambirebbe ad esporre una cosa così e invece la burocrazia funeraria lo vieta tassativamente. Capaci di sbianchettare anche la tomba, o piuttosto di farla tradurre dall'interprete. Certo non è obbligatorio farsi scrivere qualcosa sulla coperta di marmo: si può lasciare anche un sobrio ed eloquente vuoto, perché lo sappiamo bene che certe volte il silenzio vale più di qualunque parola, specie se abbastanza prolungato. In ogni caso, ad Albignasego - come spiega Il Gazzettino - liberi tutti di fare qualunque cosa, purchè sia rispettato il divieto di lingua straniera, latino compreso, e pazienza se resta a pieno titolo il nonno dell'italiano. Morisse un inglese, un tedesco o uno svizzero, per dichiarazioni postume è gentilmente pregato di esprimersi in lingua tricolore.

A qualcuno, in sede di dibattito comunale, è sorto il dubbio che il sindaco e la giunta si siano innamorati di questa regola per tenere fuori dal cimitero gruppi etnici indesiderati (già da viventi). Ma il primo cittadino è fermo nel respingere le insinuazioni: «Non abbiamo fatto questa scelta per escludere qualche persona o comunità. È sempre stato così anche nel vecchio regolamento, e sinceramente non abbiamo nemmeno mai avuto richieste diverse, tanto da doverlo cambiare».
La stravaganza della vita: nell'epoca della mondializzazione e della società multietnica, la nostra burocrazia di estrema provincia s'impunta sull'ortodossia funebre. Tra parentesi proprio lì, dove hanno provato per anni e ancora qualcuno prova a rinnegare l'italiano, per tornare all'avito dialetto veneto serenissimo. Ma ormai ogni discorso è chiuso. Fine delle discussioni. Ad Albignasego, ultima frontiera della burocrazia, non sono liberi nemmeno da morti.

La norma che mette la pietra tombale è la seguente: «È fatto obbligo di iscrizione sul chiusino di loculo e di ossario, a seguito di avvenuta tumulazione, di nome, cognome, data di nascita e morte del defunto ed eventuali parole celebrative in lingua italiana». E questo per il sindaco sarebbe italiano.

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