SuperMario? Un De Gasperi al contrario il commento 2

diConfesso. L'ho pensato anch'io. Contro le mie convinzioni più profonde, contro le analisi razionali dei fatti pur svolte a più riprese e in diverse sedi, a un certo punto sono arrivato a chiedermi, sulla base della nota logica del cardinale che cambia diventando Papa: chissà che Mario Monti nonostante tutto non possa diventare un nuovo Alcide De Gasperi, un uomo capace di pacificare la nazione e insieme di dare una prospettiva a un ampio schieramento moderato e popolare, stabilizzando così nel lungo periodo il nostro malandato Stato. Non è andata così e per capire quel che è avvenuto e soprattutto quel che non è avvenuto, si deve innanzitutto riflettere bene sul ruolo storico che l'antico leader della Dc ha veramente svolto. Bisogna ricordare la capacità di guidare con l'unità antifascista la fase immediata della fine della guerra, senza trascurare, insieme, di riorganizzare l'antica tendenza cattolico-popolare. La tenacia nel definire la nuova Costituzione insieme anche a socialisti e comunisti, il consentire a Palmiro Togliatti l'amnistia dei fascisti e il frenare le tendenze più radicali all'epurazione. E insieme il viaggio a Washington nel nuovo scenario della Guerra Fredda che apre alla rottura del governo di unità nazionale ma che non impedisce di concludere quasi all'unanimità l'assemblea costituente. Come fu organizzata, poi, la vittoria del 1948: con la pacatezza degasperiana e il fervore (populista?) dei comitati civici di Luigi Gedda. È notevole lo sforzo degasperiano a definire un partito e una coalizione che tendessero a includere, non a escludere. La stessa Dc fu a larga maggioranza repubblicana ma non espulse i monarchici, lavorò per il Patto Atlantico ma tenne ben cari i dossettiani assai critici sulla politica degli Stati Uniti. Il premier vincitore del 1948 fece con nettezza la scelta occidentale ma lavorò a costruire un'Europa che aiutasse ad articolare le alleanze. Al di là dell'esperienza, del gruppo dirigente che gli venne messa a disposizione dalla storia dei popolari e del decisivo supporto di una Chiesa dove aveva ruolo centrale una delle più fini intelligenze della storia italiana, Giovanni Battista Montini, quel che contò fu la moralità personale del politico trentino: che sapeva di dover unire un popolo e non dividerlo, che mirava a costruire un sistema saldo di alleanze internazionali ma centrandolo sulla sovranità nazionale (e popolare) italiane. Elencando le virtù di De Gasperi verrebbe da dire: proprio il contrario di Monti. Per alcuni tratti la figura del nostro attuale premier potrebbe richiamare certi aspetti del conte Carlo Sforza (pur uomo di grandi meriti), ministro degli Esteri di quella stagione, più tecnico che politico, più rappresentante delle istanze degli alleati che sostenitore delle ragioni nazionali all'estero (vedi per esempio nel 1943 la scelta del governo Badoglio). Anche lui espressione di quelle un po' esangui élite italiane che nel 1914 colpirono il pacificatore Giovanni Giolitti e poi non furono capaci di dare salde basi popolari al moderatismo italiano.

Peraltro Sforza, pur se nato anche lui con il cucchiaino d'oro in bocca, fu uomo coraggioso, limpida figura di antifascista, capace di assumersi dure responsabilità in prima persona, senza contare solo su coperture di establishment e autorità costituite.

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