La superpotenza americana può avere anche il Papa?

Due cardinali statunitensi, Dolan e O'Malley, hanno buone chance di essere eletti. Obama: "Un Papa Usa sarebbe efficace proprio come un polacco, italiano o guatemalteco"

La superpotenza americana può avere anche il Papa?

Sono undici i cardinali americani riuniti in Conclave. E, a quanto dicono, sono molto determinati. Vogliono giocare un ruolo forte: se non portare a casa una vittoria piena, con l'elezione di uno di loro, quantomeno guidare la fronda anti Curia, creando le condizioni per far eleggere un pontefice gradito. Qualcuno si domanda: ma con una superpotenza come gli Stati Uniti, è possibile - e saggio - che la Chiesa si affidi a una Papa americano? È una domanda non corretta dal punto di vista squisitamente religioso. Perché, oltre a tenere dello "spirito santo", la scelta dei cardinali non dovrebbe essere una partita a Risiko, ma qualcosa di più profondo, che tenga conto delle capacità personali del prescelto e della sua "missione" pastorale. Qualcosa che esula, quindi, dalle logiche della politica internazionale. Ma sarebbe sbagliato negare che, in determinati periodi storici, la scelta di un Papa sia stata spinta da motivi di opportunità geopolitica. Avvenne con Pio XII, per le spiccate doti diplomatiche di Eugenio Pacelli (eletto nel 1939), nel governare i difficili rapporti tra la Chiesa e il regime nazista. Avvenne, più tardi, con l'elezione di Giovanni Paolo II, nel 1978: un uomo dell'Est, Karol Wojtyla, in un periodo in cui una buona fetta dell'Europa viveva ancora sotto il giogo comunista.

In attesa di vedere, dalle prossime fumate, come andrà a finire, registriamo la dichiarazione del presidente degli Stati Uniti Barack Obama: "Credo che un papa americano presiederà efficacemente proprio come un papa polacco, italiano o guatemalteco". L'inquilino della Casa Bianca lo dice in un’intervista all'emittente tv Abc. Poi ha aggiunto: "Non so se ve ne siete accorti di recente, ma la Conferenza espiscopale dei vescovi cattolici negli Stati Uniti non sembra prendere ordini da me". E in effetti l’amministrazione Usa e i vescovi americani di recente si sono divisi su molte questioni importanti: non solo inerenti il diritto alla vita (aborto), ma anche su alcuni passaggi della riforma sanitaria. E, ovviamente, anche sull'apertura di Obama ai matrimoni gay.

Nessuna paura, dunque. Se uno fra il cappuccino Sean Patrick O'Malley, arcivescovo di Boston, e Timothy Dolan, arcivescovo di New York, dovesse essere eletto al soglio di Pietro (citiamo loro perché sono i più quotati), per proprietà transitiva "l'impero a stelle e strisce" non diventerebbe più forte di quanto sia già ora. Il mondo stia sereno, sembra voler dire Obama. Un americano a Roma, Oltretevere, non deve - né può - spaventare nessuno. Ma nel mondo molti temono che uno statunitense, almeno culturalmente, proietterebbe un'ombra di potere politico e militare sul Papato.

Per fugare ogni dubbio una soluzione sarebbe un pontefice americano ma non statunitense: un canadese, come Marc Ouellet, o un messicano come Francisco Robles Ortega. Oppure un brasiliano come Odilo Pedro Scherer. Alternative possibili e molto qualificate, sempre che la "lobby Usa" riesca a fare quadrato, convincendo un numero sufficiente di cardinali.

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