È lecito che un magistrato entri in politica? La risposta ha questa domanda ha un'applicazione pratica nella realtà attuale. Riformulato, il quesito potrebbe suonare così: è lecito che Pietro Grasso e di fatto anche Antonio Ingroia abbiano annunciato la loro discesa in campo, l'uno accanto a Bersani, l'altro di arancio vestito?
Una risposta prova a darla Michele Vietti, vicepresidente del Csm. Intervistato sulle pagine della Stampa, il magistrato definisce "inopportuno" l'impegno politico delle toghe. E nel farlo cita Giorgio Napolitano, ricordando le sue parole, quando diceva che un magistrato "non deve solo essere ma anche apparire credibile".
La risposta che dà Vietti - ci tiene a sottolinearlo - non è "di carattere personale" e neppure riferita "al singolo magistrato". È piuttosto un commento preliminare a una possibile discussione. "Nella prossima legislatura - dice - si affronti finalmente in modo organico la questione". Due i punti: una disciplina delle incompatibilità e mettere nero su bianco che "il magistrato che sale in politica al termine della sua esperienza debba trovare collocazione in altra funzione per la pubblica amministrazione".
È difficile, conclude Vietti ""fugare nell’opinione pubblica il sospetto che tra l’iniziativa giudiziaria e la ricerca di notorietà non ci sia un nesso di causalità".
Sullo stesso tema si è espresso anche Luciano Violante, in un'intervista al Corriere della Sera. L'ex presidente della Camera, che nella scelta di politica di Grasso non vede nulla di male, per la scelta di dimettersi, critica invece Antonio Ingroia. "Se si candidasse commetterebbe un errore perchè ha in corso un’inchiesta delicata".
È un "grande professionista", ma "ha avuto qualche cedimento al protagonismo".Critico nei confronti della discesa in campo dei magistrati, e dunque di Antonio Ingroia, anche Silvio Berlusconi, che ha parlato di una "patologia del nostro sistema giudiziario".
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