Toh, Caselli scopre ora che Md è estremista

Il procuratore molla la corrente rossa per il sostegno dato a Erri De Luca. Ma apre gli occhi adesso che è sotto attacco per le inchieste sui No Tav

Toh, Caselli scopre ora che Md è estremista

Come Medea, Magistratura democratica divora i suoi figli. O meglio i suoi padri, se l'ultimo a dare le dimissioni è Gian Carlo Caselli, uno dei fondatori a fine anni '60 della corrente di sinistra delle toghe.
C'è un lungo malessere del procuratore di Torino e la travagliata crisi d'identità di Md, dietro a questo gesto clamoroso. Covato almeno da un mese, ma annunciato dopo la pubblicazione sull'agenda 2014 della corrente di un articolo dello scrittore Erri De Luca sugli «anni di piombo»: «Si consumò una guerra civile - scrive- di bassa intensità ma con migliaia di detenuti politici. Una parte di noi si specializzò in agguati e in clandestinità. Ci furono azioni micidiali e clamorose ma senza futuro».
Raccontano che si sia infuriato, Caselli, ex giudice istruttore delle inchieste torinesi contro Br e Prima Linea e «confessore» del superpentito Patrizio Peci. Tanto più, perché a settembre ha avuto un duro scontro con quel De Luca, ex Lotta Continua che manifesta pubblicamente il suo sostegno agli attivisti no Tav da lui spediti in carcere per sabotaggio.

Il supermagistrato rosso che ha guidato la procura di Palermo contro Cosa nostra, si è trovato sotto casa nella sua Torino le scritte «mafioso». Lui, uno dei «duri e puri» di Md in rotta con la linea riformista ora prevalente, viene accusato di essere reazionario e asservito ai poteri forti. E allora, finalmente, apre gli occhi. E scopre l'intolleranza talebana della corrente, la sua militanza politica a senso unico, il suo dibattersi da anni tra diverse anime, alla disperata ricerca di un consenso perduto.
A 74 anni, Caselli scopre di non riconoscersi più nella sua creatura e, pochi mesi prima della pensione che l'attende a maggio, lascia. Dimissioni che suonano come un pesante e tardivo atto d'accusa verso Md. E il vertice nazionale mostra di non (voler) capire le motivazioni profonde del gesto. Lo collega solo all'articolo di De Luca. Troppo facile. La decisione di Caselli, afferma, «addolora profondamente» ma non è «giustificata», perché «non si può attribuire» alla corrente la «paternità e responsabilità del contenuto» dell'intervento. De Luca rincara la sua dose di veleno: «Se si dimette da Magistratura democratica vuol dire che non è più un magistrato democratico».

La lista dei figli di Md divorati dalla corrente o ribellatasi ad essa è lunga. Molti sono «vecchi quadri». Come Livio Pepino, altro torinese, padre nobile ed ex segretario della corrente, già membro del Csm e amico personale di Caselli, che nel 2010 si è tolta la toga con 10 anni d'anticipo è ha lasciato Md («Le eresie rischiano sempre di diventare ortodossie»), scontrandosi poi per i no Tav con Caselli, accusato di essere diventato un «repressore di Stato». E Nello Rossi, messo sotto accusa nel 2012 per aver espresso stima a Giovanni Conso, indagato a Palermo per la trattativa Stato-mafia e finito nel mirino del Csm per una telefonata di Nicola Mancino.

E Edmondo Bruti Liberati, procuratore di Milano attaccato l'anno scorso per essere stato troppo «morbido» nella gestione del caso del direttore de Il Giornale, Alessandro Sallusti, condannato al carcere per diffamazione.

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