Le ultime udienze sul caso Open Arms hanno mostrato incongruenze e situazioni su cui in molti, a partire ovviamente dalla difesa del leader della Lega Matteo Salvini, vogliono adesso vederci chiaro.
Il processo Open Arms, che vede come imputato lo stesso segretario del carroccio, si snoda su due direttrici fondamentali: da un lato la verifica dell'accusa di abuso di ufficio e sequestro di persona, dall'altro invece il nodo più politico relativo alle eventuali responsabilità delle scelte prese nei giorni dello sbarco. Ed è qui che si sta giocando forse la partita più importante.
Il mistero del video nascosto nei cassetti
C'è però un elemento, emerso nelle ultime due udienze svoltesi a Palermo, che potrebbe mettere dei dubbi già sulle fasi iniziali del caso Open Arms. Tutto infatti è nato, è bene ricordarlo, nell'agosto del 2019. Si tratta dell'ultimo mese di vita del governo gialloverde, quello formato da Lega e Movimento Cinque Stelle. L'esecutivo, il primo di Giuseppe Conte, vede al suo interno la presenza di Matteo Salvini quale vice premier e ministro dell'Interno.
Esattamente come nei casi Diciotti del 2018 e Gregoretti del luglio 2019, il governo in quel mese di agosto ha vietato alla ong Open Arms di entrare in acque italiane con la sua omonima nave ammiraglia. A bordo ci sono migranti e la strategia italiana in quei mesi è prendere tempo prima dello sbarco e concordare una redistribuzione in ambito europeo.
Le Ong ovviamente non ci stanno e Open Arms ha fatto ricorso al Tar. I giudici amministrativi hanno accettato il ricorso, facendo quindi decadere il decreto firmato da Salvini e sottoscritto, tra gli altri, anche dai ministri Trenta e Toninelli, rispettivamente titolari di Difesa e Infrastrutture. Il Viminale ha pronto un altro decreto, ma il 20 agosto il procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio, dopo un'ispezione a bordo, è salito sulla Open Arms e ne ha disposto il sequestro, facendo sbarcare i migranti a Lampedusa.
Nelle ore successive il magistrato ha aperto il fascicolo contro Salvini, trasmesso poi a Palermo e il resto è storia recente con l'avvio del processo nel capoluogo siciliano. Ma è in quei giorni che accade qualcosa che, ad oggi, suona come molto più che strano. Il primo agosto 2019 il sottomarino Venuti della Marina militare italiana ha filmato la prima operazione di Open Arms nel Mediterraneo centrale.
Un video da cui è nata un'informativa trasmessa ad almeno otto procure in cui sono stati lanciati dei sospetti sul comportamento di Open Arms. E, in particolare, su un possibile dialogo con alcuni scafisti. Il Tar, nell'accogliere il ricorso della Ong spagnola, non ha riscontrato anomalie nel comportamento degli attivisti. Ma i giudici amministrativi non avevano in mano né il video della Venuti e né l'informativa. Così come, mesi dopo, non l'avranno né i senatori che voteranno per mandare a giudizio Salvini e né gli stessi difensori dell'ex ministro dell'Interno.
Le dichiarazioni di Elisabetta Trenta e Danilo Toninelli
Negli ultimi giorni poi hanno suscitato scalpore le dichiarazioni di Trenta e Toninelli. L'ex ministro della Difesa ha fatto una distinzione tra i casi Diciotti e Open Arms. Nel primo, ha dichiarato nella sua testimonianza in aula a Palermo, il governo ha seguito una comune linea politica. Nel secondo invece, sarebbe stato solo Salvini a volere lo stop dello sbarco di Open Arms. “Da ministro dell'Interno – ha aggiunto Elisabetta Trenta – io mi sarei comportata diversamente”.
Toninelli dal canto suo ha parlato di un Salvini “in evidente campagna elettorale”, tirandosi anche lui fuori dalla responsabilità degli atti oggetto di esame degli inquirenti. Appare chiaro come la strategia degli ex colleghi di governo del segretario della Lega sia orientata nell'attribuire unicamente al Viminale la responsabilità del blocco della Open Arms.
Toninelli ha anche parlato di consigli dei ministri di quei giorni di agosto dove l'argomento immigrazione non è stato toccato. Una dichiarazione a cui Salvini ha reagito ribadendo come invece quel caso era spesso in cima all'agenda dell'esecutivo. “Forse Toninelli non era presente – ha affermato l'ex ministro dell'Interno – ma ne parlavamo eccome con gli altri componenti del governo”.
Cosa potrebbe accadere adesso
Ad ogni modo, nei prossimi dibattimenti si discuterà ancora del “video del mistero”. Un argomento probabilmente che entrerà nel dibattito politico. Il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri, presidente della giunta per le immunità del Senato nella scorsa legislatura, in un'intervista al Giornale ha parlato di un “parlamento vittima di un reato dei Pm”.
“Voglio portare questa notizia dalla dimensione giornalistica a quella istituzionale – ha dichiarato Gasparri – Ho il
dovere di agire a tutela del Parlamento e della Costituzione. Questa storia non può finire qui, io in quel momento rappresentavo il pm, come posso istruire un caso se non vengono messe a disposizione tutte le notizie?”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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