Il tribunale compra smartphone ai pm ma non ha soldi per eliminare le blatte

Spese folli a Milano per le tecnologie. E contro gli scarafaggi solo veleno e siringone

Il tribunale compra smartphone ai pm ma non ha soldi per eliminare le blatte

L'omino col siringone si aggirava per gli uffici al quarto piano del palazzo di giustizia, spruzzando veleno sui davanzali, nei balconi incrostati di sporcizia, nei giri scale. Obiettivo: dare la caccia agli scarafaggi che erano sbucati in ogni dove, sollevando i gridolini di ribrezzo delle cancelliere, e invadendo gli uffici dove si dà la caccia al crimine. Più modestamente, l'omino col siringone dava la caccia alle blatte. Rimedio palesemente inadeguato, ma a poco prezzo. Soldi per disinfestare davvero il vecchio tempio di Mani Pulite non ce n'erano. Il progetto di attacco radicale agli scarafaggi si era scontrato con la carenza di mezzi.

Dopo il passaggio dell'omino con la siringa, gli insettacci hanno continuato a aggirarsi indisturbati, tranne qualche sfortunato che ha esalato gli ultimi respiri tra le scartoffie. Una scena surreale, perché avviene in un palazzo di giustizia che da sempre, e ancora di più negli ultimi giorni, è teatro di sprechi pazzeschi. Un palazzo, tanto per dare una idea, dove anche gli autisti hanno lo smartphone a spese del contribuente. In barba alla spending review e alle eterne lamentele tipo «non abbiamo neanche la carta per le fotocopie», a tutti i settantatre pubblici ministeri, agli otto procuratori aggiunti e al procuratore capo Edmondo Bruti Liberati è stato consegnato nelle scorse settimane un Samsung ultimo modello. In buona parte degli uffici si sono presentati dei tecnici che hanno rimosso i telefoni fissi, tutti perfettamente funzionanti, e li hanno rimpiazzati con altri più complicati. Eclatante il caso delle fotocopiatrici. Erano state cambiate da un paio d' anni, andavano tutte bene. Ma si è deciso di cambiarle lo stesso: decine e decine di Taskalfa 3500i della Kiocera, dei bestioni con funzioni fantasmagoriche, scanner, stampa a colori, hard disk da 160 giga, manca solo il tostapane. E come se non bastasse, tra lo stupore generale sono arrivati anche i nuovi monitor per computer, schermi lcd ultrapiatti grandi come televisori.

Come sia possibile questa grandeur tecnologica in tempi di ristrettezze lo spiega solo la burocrazia farraginosa che sta dietro l'amministrazione della giustizia. Di fatto, le spese di gestione e di manutenzione del palazzaccio milanese sono supportate e gestite dal Comune di Milano, che poi si rivale sul ministero. Il ministero brontola da sempre, sostenendo che c'è chi ci marcia, così si è deciso che il 20 per cento resti a carico del Comune, nella speranza di innescare un circolo virtuoso. Niente da fare. Nel 2011 la gestione ha sfiorato lo strabiliante importo di 3 milioni e mezzo di euro, senza che per questo si riuscisse a prendere l'ascensore la mattina senza attendere delle ore. Il bilancio delle spese comunali viene sottoposto al vaglio della Commissione manutenzione del palazzo, un organismo un po' pletorico che ha approvato senza obiezioni il malloppo.

Ovviamente, tutto troverà una spiegazione impeccabile: le fotocopiatrici sono a noleggio, gli smartphone saranno compresi nel canone del contratto con il nuovo gestore, e via di questo passo.

Ma cosa se ne fa, di decine di fotocopiatrici, un tribunale

dove si dovrebbe puntare alla digitalizzazione integrale, all'abbandono del cartaceo? Invece gli atti vengono prodotti al computer, poi stampati su carta, poi copiati, digitalizzati. Sennò gli scarafaggi cosa mangerebbero?

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