Il trucco dei patronati esteri che gonfia le casse della Cgil

Più pratiche vengono evase, più il sindacato riceve soldi dallo Stato. Ma molti di questi fascicoli risultano fittizi

Il trucco dei patronati esteri che gonfia le casse della Cgil
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Tutto tace al ministero del Lavoro. Negli uffici di via Vittorio Veneto 56 a Roma, dal 2016, giace una relazione, approvata dal Comitato parlamentare per le questioni degli italiani all’estero, che getta ombre sui patronati all’estero gestiti dal sindacato «rosso» guidato da Maurizio Landini. Sotto i riflettori sono finite le sedi Inca-Cgil di Brasile, Argentina, Canada, Svizzera, Stati Uniti, Austria: un lungo lavoro ispettivo, durato anni, che ha messo in luce un giro di svariati milioni di euro. Dal 2016 al 2022, prima della vittoria del centrodestra, al ministero del Lavoro sono sbarcati Giuliano Poletti (ex Cgil), Luigi di Maio (M5s), Nun zia Catalfo (M5s) nel governo Conte due (Pd-M5S) e Andrea Orlando (Pd): tutti collocati nello schieramento di sinistra.

Ma nessuno di loro ha aperto il cassetto, dove è nascosta quella relazione «bomba», per chiedere conto alla Cgil? Perché quattro ministri (Pd, ex Cgil e M5s) non hanno voluto approfondire quel dossier sulla Cgil? Strano. Potrebbe farlo oggi Susanna Camusso, ex segretario della Cgil, eletta senatrice nelle liste del Pd e componente della commissione Lavoro di Palazzo Madama, organo deputato ad approfondire la vicenda dei patronati Inca-Cgil all’estero. Ca musso aiuterebbe a togliere quel «velo opaco». Di cosa parliamo. L’Inca Cgil è il primo patronato in Italia e all’estero per volume di attività, con oltre 5milioni di persone in Italia e 600mila connazionali residenti all’estero. Al vertice c’è Michele Pagliaro, al secondo mandato e riconfermato da Landini nel 2019.

Dal bilancio Cgil emerge che Inca (un patronato) finanzia l’apparato della comunicazione del sindacato rosso. Nell’assetto societario di Futura Srl, una società creata da Landini nel 2021 per gestire la comunicazione Cgil, Inca possiede ben il 15,5% delle quote. Ma come si finanzia Inca-Cgil? Da dove arrivano quei fondi che il patronato poi gira poi sul conto del sindacato per sostenere le campagne contro il governo Meloni? Il grosso dei quattrini arriva proprio dai patronati sparsi in tutto il mondo, i quali forniscono assistenza fiscale e previdenziale agli italiani all’estero. Per ogni pratica o pensionato, Inca-Cgil incassa soldi dallo Stato italiano. Pratiche vere o fittizie?

E qui entra in gioco il Comitato parlamentare, che nelle sue conclusioni metteva nero su bianco le irregolarità compiute dai patronati-Cgil all’estero, riportando i dati sulle pratiche irregolari. Ecco alcuni esempi: a New York gli ispettori del ministero del Lavoro hanno annullato 444 pratiche fiscali, a Buenos Aires 92, a Berna 61, a Parigi 90, a Innsbruck 51. L’erogazione dei soldi da parte dello Stato ai patronati Inca-Cgil avviene sulla base di un punteggio.

Più alto è il punteggio, più soldi arrivano nelle tasche di Inca. Ma come si forma il punteggio? Con il numero delle pratiche evase. Proprio quelle pratiche per italiani all’estero che l’ispezione del ministero – in base a quanto scritto nella relazione del comitato parlamentare - in molti casi ha dimostrato essere fittizie. Per istruire una pratica è necessario (per il Patronato) ricevere un mandato. Ma la verifica ha ravvisato «mandati inesatti o assenti, registrazione di attività inerenti agli anni precedenti, pratiche intestate ad individui non cittadini italiani, o residenti in paese diverso da quello ispezionato, pratiche non finanziabili». Una gola profonda svela al Giornale: «Va ricordato anche il legame con i parlamentari eletti nelle circoscrizioni estere. I voti arrivano proprio dagli italiani residenti all’estero i cui elenchi sono custoditi dai patronati. Per mantenere lauti introiti e un adeguato status quo fanno eleggere i loro referenti che sono lì a monitorare che nulla venga toccato». È l’accusa di chi conosce bene il sistema, dove girano milioni di euro, denunciato in una relazione che dorme nei cassetti del ministero del Lavoro.

Un altro punto oscuro sul funzionamento dei patronati Inca-Cgil è il criterio della doppia statisticazione: riproporre la stessa pratica per più anni solari.

Una furbata per gonfiare i numeri e incassare più soldi.

Che quella dei patronati Inca all’estero sia una mangiatoia bassa è confermato da un altro dato anomalo: l’incremento del numero di patronati in territorio straniero è inversamente proporzionale al numero di connazionali potenziali utenti dei servizi degli stessi. Tutti corrono verso la mangiatoia.

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