Vada come vada, questa campagna elettorale qualche novità l'ha introdotta. Qualche punto fermo, da segnarsi soprattutto nel diario della telepolitica e della comunicazione in generale. Il motivo è presto detto ed è dovuto al fatto che, pur trattandosi di elezioni europee e dunque, solitamente di scarso appeal, l'esito del voto può cambiare gli equilibri del nostro sistema politico e distribuire le carte con le quali si giocheranno le prime mani in quella che si suppone sarà la Terza Repubblica. Chi ne uscirà rafforzato avrà più peso al momento di fissare il palinsesto delle riforme. Si tratta, dunque, di un appuntamento di svolta, di uno snodo che, anche se rivolto al Parlamento continentale può avere riflessi immediati al nostro interno. Nella posizione in cui si trovano, Renzi è quello che ha più da perdere, Grillo, lo sfidante, quello che ha più da vincere, e Berlusconi quello che deve contenere le perdite. Alla luce di questo, va segnalata la prima grande contraddizione nella quale è caduto il premier. Ovvero, sostenere che il risultato non avrà ripercussioni sull'assetto del governo e delle istituzioni interne, salvo poi impostare la campagna sugli 80 euro e i provvedimenti avviati dal suo gabinetto, peraltro ribaditi in una conferenza stampa appositamente convocata nel giorno di chiusura della campagna elettorale. Davvero Renzi, l'uomo solo al comando, pensa che un exploit del M5S non avrebbe influenza sulla sua tenuta a Palazzo Chigi o sul calendario delle riforme a cominciare dall'Italicum?
Il secondo elemento da tenere a mente di questa campagna è quello che potremmo chiamare il trionfo dell'insulto. Raramente si era giunti ad accuse reciproche tanto violente tra i principali avversari. Buffone, assassino, pregiudicato, Hitler e via infangando. Anche questa, purtroppo, è una conferma in negativo dell'importanza della posta in gioco e del tentativo di destare l'attenzione del nutritissimo partito degli astensionisti aumentando i decibel di grida e urla scomposte. Non bisogna farsi illusioni, con la crisi che imperversa, i portafogli e i carrelli della spesa vuoti, parlare di Europa e patto di stabilità, di Merkel e Ppe non può appassionare. Ciò detto, bisogna riconoscere che queste elezioni sono state un'occasione in gran parte persa. Nessuno dei tre leader, Renzi, Grillo e un Berlusconi frenato dai regolamenti per lo sconto della sua pena (mobilità, orari, argomenti vietati) è candidato in Europa. Ma non è per questo che nessuno ha azzardato l'ipotesi di un confronto diretto con gli altri due avversari. In realtà, tutti e tre sono formidabili monologhisti, restii al dialogo e a discutere delle ragioni altrui. Ma, alla lunga, una campagna tra sordi s'impoverisce.
Infine, altre due note riguardano il sistema della comunicazione in senso stretto. La prima è l'abiura di Grillo, la conversione televisiva di chi negli ultimi anni aveva propalato una sorta d'idolatria della Rete. Anche lo Sciamano pentastellato si è finalmente accorto che il web è uno strumento meno democratico e più elitario della vecchia tv generalista perché non raggiunge larghe fette di elettori, gli ultrasessantenni, la provincia più profonda, gli strati più poveri. Così, quando gli serve tentare di sedurli, ecco che persino l'odiato Bruno Vespa diventa utile (come torna utile, dopo Berlinguer, strumentalizzare anche Papa Francesco e papa Giovanni XXIII, come ha fatto Casaleggio in Piazza San Giovanni).
Quel Vespa che, come ha prontamente notato Crozza, ha riguadagnato una posizione strategica. Chi invece, rispetto alle ultime politiche, è scivolato al margine è Michele Santoro. Ma da quelle parti molte cose potranno e dovranno cambiare...- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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