Formigoni: "Lavorerò perché si voti il prima possibile"

Il governatore rompe gli indugi: "Se la Lega non ci ripensa al voto subito. Non ci sarà una campagna elettorale lunga sei mesi. Lavorerò perché si voti il prima possibile"

Formigoni: "Lavorerò perché si voti il prima possibile"

Dopo il dietrofront leghista, il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni riparte all'attacco con un ultimatum che serve a mettere alle strette i vertici del Carroccio che, a detta del governatore hanno dimostrato la loro anima "inaffidabile e ribaltonista". "Se entro questa sera non cambiano la loro posizione - avverte Formigoni - mi assumo il compito istituzionale, che mi compete, di limitare al minimo la campagna elettorale e andare al voto al più presto".

In conferenza stampa Formigoni lo dice a chiare lettere: "Se la Lega conferma la sua posizione, non intendo andare avanti. Una campagna elettorale di sei mesi è inaccettabile. Mi muoverò per andare al voto nei tempi più stretti, con l'unico spostamento tecnico per far approvare una nuova legge elettorale che elimini il privilegio del listino". Poi spiega meglio i termini temporali: "Credo sia urgente andare al voto entro 45 al massimo 90 giorni". Nel rispondere a chi lo accusa il governatore ribadisce la propria onestà: "Non ho commesso reati e nulla di ciò che ho fatto è contro la legge". E sull'assessore Domenico Zambetti dice: "Nulla posso rimproverarmi". Poi spiega di aver parlato con il suo ex assessore dopo aver sentito delle "voci" sul suo conto. Alle accuse, ha detto, "per tre volte Zambetti ha giurato e spergiurato che era tutto falso". Dopo di che, ha concluso Formigoni, "un presidente di Regione non ha gli strumenti investigativi della magistratura".

Negli ultimi giorni è stato un vero e proprio caos. Nemmeno per un istante la bufera è sembrata attenuarsi. Così, dopo essere stato per giorni in balia delle decisioni della Lega Nord, adesso il governatore ha deciso di prendere la partita in mano e dettare le regole. Non vuole finire sulla graticola dei lumbard. O dentro o fuori. O l'accordo vale oppure si vada alle elezioni. Questo il ragionamento affidato a una lunga intervista rilasciata oggi al Corriere della Sera (leggi qui): se l'accordo sottoscritto con il segretario del Pdl Angelino Alfano e il leader leghista Roberto Maroni non vale più, allora tutto salta e sarà lo stesso Formigoni a dare "pochi giorni di tempo al consiglio regionale perché elimini il privilegio del listino bloccato" come lo stesso governatore va chiedendo a voce e per iscritto da molti mesi. "Come secondo atto amministrativo - continua - voglio vedere cosa succede sulla chiusura del bilancio. Poi, si va al voto". Niente elezioni ad aprile, dunque, come invece chiedevano i vertici lombardi del Carroccio. "Sei mesi di campagna elettorale per la Lombardia sono un fatto demenziale", prosegue Formigoni nell'intervista al Corsera assumendosi "la responsabilità di mettere fine a questa agonia che comporterebbe blocchi, polemiche, intralci di ogni genere".

Adesso la palla passa a Maroni e i suoi. Spetta alla Lega, infatti, decidere se l'accordo firmato settimana scorsa vale qualcosa oppure se ha deciso di mandare tutto all'aria: o si vota subito o si porta la legislatura a termine fino al 2015. "Dipende dalla risposta che avrò dalla Lega nelle prossime 24 ore", spiega il governatore senza nascondere di sentirsi "allibito e sconcertato" dal comportamento tenuto dall'ex titolare del Viminale negli ultimi giorni. "Si conferma l'anima della Lega inaffidabile e ribaltonista", chiosa Formigoni leggendo la decisione della Lega di indire le primarie per il futuro candidato alla Regione Lombardia come la decisione di correre da soli. "Non mi resta che augurare loro un buon cammino. Ma non credo andranno molto lontano", commenta Formigoni che, dal canto suo, ha deciso di fare la campagna elettorale con un ruolo da definire: "A me interessa rivendicare l'eccellenza del buon governo e della buona politica di questi 17 anni e offrire una proposta ai lombardi".

Adesso, gli occhi sono puntati su Piemonte e Veneto. D'altra parte Formigoni lo aveva già detto: se viene giù la Lombardia, anche le altre due Regioni, dove governano i leghisti Luca Zaia e Roberto Cota, cadrannno. Nei giorni scorsi il segretario del Pdl veneto Alberto Giorgetti non ha usato mezzi termini: "Se cade la Lombardia, si vota anche qui". "La scelta spetta al partito e io non metto becco nelle vicende delle altre regioni - commenta Formigoni - ma faccio notare che Lombardia, Piemonte e Veneto sono figlie dello stesso patto". Anche i vertici del Pdl preferirebbero non prolungare un'agonia troppo a lungo. "Siamo in totale sintonia con i vertici del partito - spiega il presidente lombardo - mi sono sentito con Berlusconi, Alfano, La Russa e Mantovani, ripetendoci le stesse cose. Siamo compatti".

Proprio per questo, Formigoni smentisce categoricamente l'esistenza di un patto fra Alfano e Maroni: "Giovedì a Roma ho visto come Alfano ha lavorato al mio fianco e a mio sostegno e ho anche postato un tweet scrivendo Abbiamo un segretario".

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