"Vi spiego perché non mi piace il Papa piacione"

Per la prima volta al Salone del libro, Giuliano Ferrara contro il pensiero unico sul Bene, Bergoglio e la giustizia

"Vi spiego perché non mi piace il Papa piacione"

Giuliano Ferrara non ama le presentazioni di libri, «tanto meno i miei». Però al Salone di Torino ci sarà, domani, giorno di apertura, guest star di un evento che, come i festival e le varie kermesse dei consumi culturali, tende a evitare. Comunque, un anno fa accadde che il direttore del Salone di Torino, Ernesto Ferrero, indirizzasse al Foglio una lettera di simpatica lode al video di Ferrara travestito da Boccassini che canta Bella figlia dell'amore, dal Rigoletto di Verdi. «La cosa - un intellettuale einaudiano che loda una parodia scostumata del direttore del Foglio - mi lusingò tanto che gli telefonai per ringraziarlo dicendogli che ero a sua disposizione per l'eternità...». Furono sufficienti pochi mesi. E Ferrero lo invitò al Salone, a scatola chiusa, per un one-man-show. «Poi da Piemme uscì il mio libro, o meglio, mio e dei due cattolici tradizionalisti Gnocchi e Palmaro, Questo Papa piace troppo, e dissi va bene, vengo a parlare del libro». E, solo dopo, arrivò la notizia della Santa Sede ospite del Salone. «Così per uno di quei casi che gli anglosassoni chiamano di serendipity, mi ritrovo senza volerlo a parlare nel posto giusto del libro giusto».

O meglio, del libro sbagliato.
«Insomma... le tesi che sosteniamo non sono eretiche. Però è vero che fra quaranta libri dedicati al Papa che escono ogni settimana, il nostro è l'unico al mondo - che può piacere o meno, sia ai tradizionalisti sia ai laici - in cui si critica Papa Francesco. Mentre tutti gioiscono per la Chiesa che finalmente ha ritrovato il suo Francesco, il Papa dei poveri, il Papa liberale, il Papa che sta trasformando il mondo... Mentre tutti lo osannano facendogli aria coi flabelli sulla sedia gestatoria, che intanto è diventata una Ford Focus, un po' da clandestino dentro al Salone dirò qualcosa di diverso».

Perché da clandestino? Ferrero dice che sarai la star.
«Mah, gli inserti culturali dell'ultimo fine settimana hanno parlato di tutti gli ospiti, tranne me. Ma lo dico per divertimento, non con risentimento. E non andrò a Torino a fare il provocatore. E poi non è vero che Papa Francesco non mi piace...».

Ti piace, ma non ti piace che ad altri piaccia troppo.
«Non mi piace che il Papa venga lodato dagli opinion leader del mondo perché a lui possono chiedere un cristianesimo senza conseguenze. Dicono: siamo tutti parte di un universo in cui c'è anche l'annuncio di Gesù, e anche noi non credenti o scristianizzati, possiamo partecipare, ma senza troppi sacrifici, senza rinunce, senza perseguire fini santi».

E tutto con la Sua benedizione.
«Appunto. Vedi: uno può criticare il Papa dal punto di vista del mondo, che negli ambienti secolari non ama i Papi... Pio XII e le ambiguità col nazismo, Wojtyla come crociato anticomunista, Ratzinger come Panzerkardinal... Chi diceva queste cose era premiato, era l'alfiere della libertà. Ma non si può criticare un Papa che si allea col mondo, che seduce il mondo, che si fa intervistare da Scalfari, il vero ateo devoto, per assolvere la sua coscienza. Un Papa al quale si dice: “Io non credo, ma soffro per questa mia condizione, però benedicimi comunque”. E si pretende da lui che dica “va bene figliolo, fa' quello che vuoi”... Ecco, quando critichi un Papa così, diventi una minoranza, che non piace né al Vaticano né ai laici. E forse, dicendo queste cose, non piacerò neppure al pubblico del Salone».

Al Salone il tema conduttore è il Bene. In una tua personale agenda morale e culturale, quali sono le cose più importanti da fare bene, oggi?
«Il primo bene pubblico stritolato dai nostri tempi è il diritto di nascere senza essere aspirati da una macchina dentro il ventre di una donna. Il secondo è tenere ferma la distinzione tra ciò che è famiglia - un'alleanza tra uomo e donna che si promettono per sempre e che in ragione di questa promessa vogliono perpetuare non la specie, ma la storia umana - e ciò che non lo è. Terzo: che uno possa morire come crede, anche in quella zona grigia in cui finisce l'intervento dei medici, ma senza che si affermi nella società l'idea della buona morte. Attenzione, non chiedo la galera per l'aborto o che sia abolito il divorzio. Ma che lo Stato non faccia dell'aborto, dell'eutanasia, del matrimonio gay una bandiera ideologica. Se lo fa sbaglia. Non accetto la religione di Stato dei modernisti di oggi».

Mai si è parlato così tanto di crisi economica e dei valori. Oggi si legge tutto all'insegna della negatività, del catastrofismo, della rabbia. Ma c'è anche del bene in giro. Tu, dove lo vedi?
«Il maggior bene è la globalizzazione economica che ha portato un miliardo di individui fuori dalla povertà. Il bene è il commercio, il mercato, le regole del Wto. Poi, certo, il bene lo fanno anche i milioni di operatori della sanità e della carità che lavorano per alleviare le pene infernali in cui si agitano gli uomini. E il bene lo fa chi fa bene il proprio lavoro».

La società tende a cancellare la linea di demarcazione tra Bene e Male, scivolando nel relativismo. Una cosa che il mio padre spirituale diceva sempre essere il peggiore dei peccati per il credente, e il peggiore dei rischi per il non credente.
«Il problema riguarda proprio il Papa: da gesuita, dice che dobbiamo usare il discernimento nelle cose, che per lui non è il relativismo (precisazione con le mani avanti). Ma lo deve dimostrare. Il discernimento dei gesuiti, oltre che un mezzo spirituale eccelso, nella storia della Compagnia è un invito alla relativizzazione dei criteri di vita e di morale. Il punto è che questo Papa ha messo il cuore al posto della ragione, mentre i suoi predecessori ci avevano abituato all'opposto. Papa Francesco dice che l'intimità del rapporto con Dio è sovrana ed è il cuore che deve farla da padrone. Io non sono d'accordo: sono per un cristianesimo della ragione, della cultura, della civiltà».

Che un Papa debba privilegiare la ragione sul cuore è difficile da spiegare. Al Salone, poi...
«In altri posti mi hanno tirato le uova, o le bombe carta. Ma lì è gente molto civile».

Parliamo ancora del Bene, applicato alla parola-chiave democrazia: cosa fa bene alla democrazia?
«L'opposizione di punti di vista diversi. Se manca, ci sono solo omologazione, pensiero unico, il religiosamente e il politicamente corretto. Ecco perché in genere non mi piacciono i festival del consumo culturale: sono un posto dove la gente ribadisce le idee già sentite dagli opinion leader sui soliti due-tre giornali».

E alla giustizia, cosa fa bene?
«La misericordia. La giustizia non esiste senza misericordia, così come la misericordia non può inficiare la giustizia. Non posso dirmi: faccio quello che voglio perché poi c'è la misericordia, il perdono... La giustizia deve resistere sotto il peso sublime della misericordia. Lo dice anche il capo del Sant'Uffizio, il cardinale Müller».

E l'Europa: è un Bene o un male?
«L'Europa più che altro ha bisogno di una benedizione. Io credo nell'Europa, ma un conto è credere in un ideale, un conto nell'Europa reale che vediamo oggi».

Come si può fare del bene alla conoscenza e alla cultura?
«Perseguendo la verità, cioè discernendo tra bene e male. A questo servono la cultura e i libri.

A comprendere cosa è oggettivamente bene e cosa oggettivamente male: se uno dice che la verità non esiste, è una relativizzazione, dipende dalle interpretazioni, è un nietzscheano che pretende la benedizione del Papa. Magari finirà così. Ma non ci credo».

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