Le dimissioni del giudice costituzionale Romano Vaccarella rivelano uno strappo senza precedenti nei rapporti fra i poteri e segnalano, in maniera drammatica, quanto siano scarse, approssimative e pericolose la cultura e la sensibilità istituzionale della fazione attualmente al potere. Un giudice della più alta corte del nostro ordinamento - che ha competenza sulla legittimità delle leggi e giudica sui quesiti referendari - lamenta che da parte di esponenti dellesecutivo ci siano stati, in relazione alla questione del referendum elettorale, affermazioni e interventi che hanno il peso di vere e proprie pressioni, oltre che giudizi irrispettosi sulla funzione e lindipendenza della Corte. Vaccarella si riferisce al cicaleccio becero del ministro Pecoraro Scanio, alle dichiarazioni del leader mignon Clemente Mastella, tutto teso a difendere gli interessi dei partiti bonsai, ai giudizi azzardati dal ministro Chiti sulla presunta incostituzionalità del quesito referendario. Ma Vaccarella lamenta soprattutto che nessuno abbia smentito e richiamato allordine ministri e sottosegretari che si muovono in ordine sparso, denuncia il clima di illecito interventismo che questo governo senza timone e senza progetto favorisce.
Illecito interventismo, questo è il punto. Adesso i presidenti della Camera e del Senato intervengono per invitare Vaccarella a ripensarci, ma Marini e Bertinotti sono la proiezione di una maggioranza impazzita, i cui componenti tutti i giorni fanno a gara nello straparlare e nel contraddirsi, senza che il leader presuntivo, quel Romano Prodi la cui testardaggine è forse pari allimpotenza politica, dica una parola chiara e ferma.
Ma a chi potrebbe parlare il Professore? E quali paletti istituzionali potrebbe fissare, lui che ha contribuito ad abbatterli? Stiamo attenti, questo governo si è dimostrato incapace di governare, di sciogliere i nodi del nostro futuro e del nostro sviluppo, annaspa e inciampa, ma dimostra un interventismo feroce, canino, nei settori nei quali non dovrebbe immischiarsi. Un governo balbettante che però pretende di decidere il destino di grandi aziende, con ministri presunti tecnici che scordano tutte le lezioni sul mercato e si attaccano al telefono per inventare cordate. E chissà quante altre cose fanno di cui nessuno riferisce. Un governo che genera in provetta megabanche e pratica un dirigismo che poteva avere qualche giustificazione soltanto negli anni Trenta. Un governo che promuove un capitalismo minorato, sotto tutela, un capitalismo che, con richiami fuori tempo allautarchia, ci isola dalla comunità internazionale e ci condanna alla visione corta degli orizzonti chiusi.
Questo governo, attraverso le affabulazioni dei suoi componenti refrattari a ogni sensibilità istituzionale, vorrebbe condizionare perfino la Corte costituzionale, così come condiziona finanza e mercato. Siamo ben al di là della Repubblica delle banane, siamo alla Repubblica dei limoni amari, che rendono acidulo e indigesto il sapore della nostra democrazia. Siamo in presenza di una deriva illiberale, con un potere che parla soltanto attraverso i giornali amici ed evita ogni confronto parlamentare, arrivando addirittura a sbarrare il Senato, considerato un terreno minato.
Che Dio ci aiuti.
Salvatore Scarpino
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