«Io unico indiano alle Olimpiadi, mi alleno su slittini a rotelle»

Shiva Keshavan, ha chiuso al 29esimo posto la gara di slittino: «Non ho un'equipe tecnica. Gli altri atleti devono concentrarsi soltanto sulla gara, per me è ben diverso: devo pensare agli alberghi, ai viaggi, ai visti»

Shiva Keshavan vive in un villaggio indiano, Vashist, sulle pendici dell'Himalaya a 2700 metri di altitudine. Shiva ha 28 anni e fino a dodici anni fa non aveva idea di cosa fosse sfrecciare a 150 all'ora su uno slittino. Poi un ex campione austriaco, Gunter Lemmerer, andò in India alla ricerca di nuovi talenti e per Shiva fu amore a prima vista. Da allora ha diviso la sua vita tra gli allenamenti e l'agenzia di consulenze che ha aperto con la fidanzata.
A bruciapelo: alla parola slittino che cosa pensa?
«Alla passione, al fatto di essere fiero di rappresentare l'India e di essere stato il primo atleta indiano alle Olimpiadi invernali. Tanti ragazzi indiani vorrebbero fare sport a livello agonistico ma non possono perché la mia zona è ancora sottosviluppata, non ci sono infrastrutture, non ci sono piste da sci, non ci sono piste per lo slittino: tutto è molto grezzo e naturale, anche gli allenamenti».
E come fa?
«Corro su piste naturali, invece del canale ghiacciato utilizziamo la neve compattata, oppure vado su strada con degli slittini a rotelle».
È vero che non ha neanche un'equipe tecnica che la segue?
«Già. Non ho un tecnico, non ho un fisioterapista. Gli altri atleti devono concentrarsi soltanto sulla gara, per me è ben diverso: devo pensare agli alberghi, ai viaggi, ai visti. Se mi faccio male è un problema. Però quello dello slittino è un mondo fantastico, una grande famiglia, quindi quando c'è un problema mi aiutano, spesso chiedo consigli al team italiano».
E come fa con lo slittino?
«In un certo senso lo costruisco da solo. Non ne esistono già pronti, ognuno lo realizza in base alla propria tecnologia. All'inizio, sono partito con una vecchia slitta di un altro atleta che poi pian piano ho modificato. Ora quando ne assemblo uno, ho già un'idea di come lo voglio: è un pezzo unico...».
Sua madre è italiana, lei ha fatto l'università a Firenze. Quanto si sente italiano?
«Molto. Ho ancora ottimi amici che mi seguono, il fan club più numeroso è italiano. Il vostro Paese è nel mio cuore».
Ha trovato l'Italia razzista?
«Non ho mai avuto questo tipo di problemi, è importante che accettare lo stile di vita del Paese in cui ti trovi e fare un passo verso la cultura del posto».
In India è famoso?
«Non sono molto famoso, però ho vinto l'argento ai giochi asiatici e questo ha avuto un discreto riscontro mediatico: la mia gente ha scoperto anche gli sport invernali».
Una medaglia che può fare da traino per il futuro.
«Certamente. In India esiste il cricket e se io posso essere il traino per far conoscere anche gli sport cosiddetti minori, allora ben venga, ne sarei onorato».
Non essendo un professionista, non sei pagato. Come fai a continuare a inseguire il tuo sogno?
«Sono molto importanti compagnie come "I love gelato" o "Mec3" che mi aiutano finanziariamente. Poi ho altri sponsor come "Swiss international Airlines" che mi aiuta per gli spostamenti.


Chi glieli ha trovati?
«Dopo Torino 2006 non avevo fondi per continuare, sono rimasto due anni senza gare, poi io e la mia fidanzata abbiamo iniziato a cercare...».
Ultima domanda: il suo sogno più grande?
«Vincere le Olimpiadi. Quando ho iniziato dodici fa ero 15 secondi più lento dei big, ora sono solo a un secondo...». Statene certi, ci riproverà nel 2014.

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