Irene, bimba che parla con gli occhi

Ha 12 anni e quando è nata sembrava normale. Poi una diagnosi terribile: sindrome di Rett. È una malattia genetica che paralizza arti e corde vocali. Unico mezzo per comunicare? Lo sguardo

Irene, bimba che parla con gli occhi

Se ti parlano di una «bambina dagli occhi belli», pensi subito a tua figlia che, appena nata, ti guarda e sembra chiederti: «Chi sei?». Sei il padre e quello sguardo diverrà il riflesso della tua anima. Un legame d’amore inscindibile e più forte di ogni cosa.
È per questo, forse, che gli scienziati hanno deciso di chiamare «bambine dagli occhi belli» le bimbe colpite dalla sindrome di Rett, una rara patologia genetica che colpisce esclusivamente le bimbe (in media una su 15.000) facendo loro perdere, nel giro di pochi anni, la capacità di camminare, usare le mani e parlare. Ma c’è una luce speciale che illumina la vite di queste bambine e delle loro famiglie: è la brillantezza che promana dalle pupille, un bagliore speciale che consente alle «bambine dagli occhi belli» di comunicare solo con la forza dello sguardo.
Bimbe eccezionali, con genitori eccezionali. Come quelli di Irene che ha 12 anni e vive in un paese in provincia di Torino. Irene è nata nel settembre del 1998 e, fino all’età di un anno, è stata una bambina normalissima. Poi mamma e papà hanno capito che qualcosa non andava: «Lo sviluppo di Irene era come bloccato e lei sembrava sempre più chiusa in se stessa...». Come una farfalla che volesse tornare crisalide.
Raccontano i genitori: «È iniziato così il giro dei vari ospedali che all’inizio non hanno saputo diagnosticare la malattia. Successivamente alla Asl di Ivrea si è cominciata a ipotizzare la sindrome di Rett, ma non c’erano laboratori attrezzati per fare i test genetici necessari. Per il primo esame ci sono voluti mesi di attesa».
Intanto la mamma e il papà di Irene si informano, scoprendo che a Houston esiste un centro specializzato: «L’abbiamo portata lì e, in tempi molto rapidi, è stato accertato che nostra figlia era affetta dalla sindrome di Rett».
«Purtroppo - spiegano i genitori - l’evoluzione della malattia è stata quella classica: Irene ha perso gradualmente l’uso completo di gambe e braccia e della parola. Comunica solo con gli occhi che sono molto vivaci. È una bimba dolce e tranquilla, come tutte le piccole colpite da questa sindrome è molto bisognosa di contatto fisico e coccole».
«Irene - ricorda la mamma - ha frequentato sia l’asilo nido sia la scuola materna e le elementari dove ha trovato eccellenti insegnanti di sostegno. Una in particolare, Stefania, è stata stupenda».
«Irene - aggiunge il papà - frequenta attualmente la quinta elementare e il prossimo anno andrà alle medie. È difficile capire quale sia il suo livello di comprensione e di apprendimento, sembra che lei capisca e sia consapevole di quello che succede intorno a lei. Certamente è cosciente del nostro amore, lo capiamo dai bagliori del suo sguardo».
Come purtroppo accade per la maggior parte delle malattie rare, anche per la sindrome di Rett, non esistono allo stato attuale cure definitive, ma solo trattamenti sintomatici che possono parzialmente migliorare la qualità di vita delle piccole pazienti. Ma qualcosa si sta muovendo: a Edimburgo il professor Adrian Bird ha compiuto un'importante scoperta scientifica e, attraverso una sofisticata tecnica di ingegneria genetica applicata a modelli animali, è riuscito a dimostrare che la sindrome di Rett è guaribile. Le cellule cerebrali infatti non sono degenerate ma, semplicemente, non hanno completato la loro maturazione.
Sulla spinta di questa rivoluzionaria scoperta l'Associazione Pro Rett Ricerca, fondata dai genitori delle bimbe malate, ha finalizzato un accordo con la Fondazione San Raffaele del Monte Tabor di Milano e l'università dell'Insubria di Varese per l'apertura di un laboratorio scientifico dedicato esclusivamente a progetti di ricerca sulla Sindrome di Rett, inserito nel dipartimento di neuroscienze dell'Istituto San Raffaele di Milano. Scopo principale del San Raffaele Rett research center, nome del nuovo centro cui verranno destinati i fondi (200mila euro) messi a disposizione dalla Fondazione Just Italia, è sviluppare progetti di ricerca di eccellenza per arrivare a formulare una cura per le bambine affette da sindrome di Rett.
I ricercatori responsabili del nuovo Centro sono tra i massimi esperti della sindrome di Rett: la professoressa Nicoletta Landsberger e il dottor Vania Broccoli. «Ho incontrato alcune delle famiglie associate qualche anno fa - ricorda la professoressa Landsberger -, sono genitori meravigliosi che hanno capito che solo la ricerca può aiutare le loro bambine malate e che bisogna superare i confini italiani e gli egoismi individuali. L'associazione ha come unico scopo quello di promuovere la ricerca ovunque nel mondo e sostenere chiunque si unisca al loro sforzo».


«Un aiuto importante per affrontare questa realtà - concludono i genitori di Irene - è stata l’amicizia con gli altri genitori che vivono la medesima condizione».
Dimenticare una «bambina dagli occhi belli» è impossibile. Nel loro sguardo si specchia tutto il bene del mondo.

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