Istituti italiani: molto critica la stampa estera

da Milano

È molto negativa l'immagine delle banche italiane che appare dagli articoli della stampa estera. E il tema bancario (a causa degli scandali) sui giornali economici stranieri, è di gran lunga il più trattato: si parla più di banche che di industria o di conti pubblici. È quanto emerge da una ricerca condotta dall'Osservatorio permanente «Focus banche», ideato da Klaus Davi in collaborazione con la società di rilevazioni «Nathan il saggio». Nel periodo tra il gennaio 2005 e il febbraio 2006 sono stati monitorati 24.427 articoli su una quarantina di testate in sette Paesi. Il settore bancario è il più seguito dai giornali internazionali con una visibilità del 40,78%, più dei temi legati alle aziende (39,78%) e alla situazione economica in generale (19,44%), ma la sua immagine è negativa in tutti i Paesi monitorati (Austria, Francia, Germania, Gran Bretagna, Spagna, Svizzera e Usa). L'indice di gradimento, che «pesa» il tono degli articoli, è costantemente negativo: un risultato - afferma l'Osservatorio - che sembra legato alla vicenda Fazio-Banca d'Italia, in un anno in cui hanno tenuto banco anche il caso Fiorani e le offerte lanciate da Bbva (su Bnl) e da Abn (su Antonveneta). La stampa più benevola con le banche italiane è quella di Germania (indice di gradimento comunque sotto zero, meno 2,3%) e Austria (meno 3,3%), probabilmente influenzata in positivo dalle fusioni di Unicredit con Hvb e BankAustria. Più negativo l'indice della stampa spagnola (meno 5,29%), su cui ha influito sicuramente la vicenda Bbva-Bnl. All'estero sono piaciute comunque le operazioni di ristrutturazione bancaria e l'apertura verso gli altri mercati, che ha visto tra i protagonisti Banca Intesa e Unicredit. È stato gradito, inoltre, l'avvicinamento al cliente realizzato da Capitalia, sul modello del supermercato finanziario, oltre al percorso verso la creazione di boutique europee ideato da Gerardo Braggiotti.

I più critici sono apparsi i giornali francesi (meno 8,8%), inglesi (meno 8,8%) e americani (meno 9,1%), che attaccano in particolare la scarsa trasparenza del sistema, il modello italiano di conduzione degli affari (il Wall Street Journal parla di «spaghetti banking») e i costi dei servizi.

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