Fisiologia del fitness; Alimentazione del fitness; Biochimica generale applicata al fitness; Benessere psicofisico. Il percorso è segnato, l’arrivo lontano e ambito: corone di alloro, spumante in bicchieri di plastica e una pergamena che attesta una laurea in «Scienze e tecnologie del fitness». Ma per conseguire il fatidico pezzo di carta, per fregiarsi del titolo di dottore, l’unica via è affrontare e superare, uno dopo l’altro, tutti gli esami del piano di studi. Un percorso, nel caso del corso di laurea attivo all’università di Camerino, di ben 15 tappe, spalmate nell’arco di tre anni di libri, tesine e step. Quindici gli esami per laurearsi in fitness, ma diciannove gli insegnamenti disponibili. Questo perché, come recita la presentazione del piano di studi, «la Laurea in Scienze e Tecnologie del Fitness si consegue dopo il superamento di 15 esami e l’acquisizione di 180 crediti formativi universitari (Cfu) ripartiti su diverse attività formative curriculari e a scelta dello studente». Quindi al secondo anno gli studenti devono decidere se frequentare Alimenti e prodotti dietetici o Integratori alimentari del fitness, e al terzo Prodotti cosmetici nel fitness o Prodotti salutistici di origine vegetale.
Il gigantismo di cui ha sofferto l’università italiana dal 2000 a oggi si declina in molti modi: nell’aumento del numero delle università, delle sedi distaccate, del personale tecnico amministrativo, dei professori e del peso dei loro stipendi, dei corsi di laurea e dei dipartimenti. Ma tutto questo asfittico ed enorme processo di autoriproduzione può essere condensato in una cifra: 180mila. Abbondanti. È il numero degli insegnamenti attivi oggi negli atenei. Oltre 180mila corsi che richiedono professori, aule, fotocopie, tesine, orari, tecnici e personale amministrativo. Sono l’effetto diretto dell’aumento dei corsi di laurea, passati da 2.444 a 5.073 (ma l’anno scorso erano 5.412), creati per dare una sistemazione ai 26.004 professori assunti dal 2000 al 2006 (anche se i posti banditi erano solo 13.232), andati a insegnare nelle 66 università, aumentate dalla fine degli anni Novanta di 25 unità.
Gli effetti del gigantismo sono oggi sotto gli occhi di tutti: bilanci schiacciati dalle buste paga del personale (il 37% degli atenei impiega oltre il 90% del fondo statale, limite fissato per legge), conti in rosso, pochi centri virtuosi che cercano disperatamente di sganciarsi dal gruppo degli spreconi. Ma nella gara interuniversitaria per creare didattica sufficiente per tutti i nuovi corsi, capita anche che a qualche senato accademico scappi la mano, e produca insegnamenti, quando non bizzarri, almeno troppo specialistici. Come quello di Trofeistica (lo studio scientifico dei trofei di caccia) attivato nel corso di laurea di Scienze faunistiche presso l’università di Firenze; o l’insegnamento di Tecniche della nonviolenza, scoglio per gli iscritti a Scienze sociali per la cooperazione, lo sviluppo e la pace; o il corso di Lettura del paesaggio, fondamentale per ottenere la laurea in Scienze e tecniche del fiore e del verde. Ma l’universo delle facoltà italiche è cresciuto troppo in fretta anche per l’inventiva dei rettori. Infatti il grosso dei 180mila insegnamenti disseminati oggi da Palermo a Bolzano è costituito da «doppioni». Ovvero insegnamenti classici, da sempre trattati in campo accademico, oggi però traslati non sempre secondo logica come riempitivi nei nuovi corsi. Psicologia generale: scienza degna di studi accademici fin dall’inizio del secolo scorso.
Matematica e Statistica: qui parliamo delle scienze con la S maiuscola, dei pilastri millenari del sapere. Ottimo. Che ci fanno nel piano di studi dello strepitoso corso di laurea in Tecniche di allevamento del cane di razza?
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.