Italiani litigiosi. Per fortuna

Qualche secolo addietro, quando le lenti romantiche deformavano sia pure di poco paesaggi e fisionomie, in tutta Europa si consideravano gli italiani particolarmente impetuosi, in genere, pronti ad accendersi nell’amore e nell’odio, passionali e imprevedibili. Occhi ardenti, le mani mobilissime in gesti quasi sempre eccessivi, pronte talvolta a levarsi brandendo una lama. Lo stereotipo era questo e il sospetto della coltellata possibile ci seguiva, con statistiche motivate soprattutto nelle Romagne e nelle Calabrie. Storie vecchie, anche se il secolo di ferro e di fuoco che da poco ci siamo lasciati alle spalle ha in certe fasi rinverdito l’immagine della rissosità italica, la voglia diffusa di menar le mani. Non a caso, nella «ballata dell’arcitaliano» di Curzio Malaparte si declamava: «Italiani ammazzavivi, tutti i giorni son festivi se giustizia si farà/ pace ai morti e botte ai vivi/ cosa fatta capo ha». Era una forzatura, un’esasperazione, una provocazione, che bilancia un altro luogo comune, quello che vuole l’italiano in marcia con una bandiera bianca recante il motto «Tengo famiglia».
Ma il passato non passa tanto facilmente e sotto la crosta della modernità si conservano, pare, le brutte abitudini che fanno un cattivo carattere. Secondo uno studio condotto dalla rivista Riza psicosomatica su un campione significativo della popolazione, noi italiani siamo litigiosi, uno su tre è addirittura rissoso. Oltre che nelle preture, nei tribunali e nelle assemblee di condominio, litighiamo con un certo trasporto in pubblico e in privato, in casa e nei crocicchi, in ufficio e sui mezzi pubblici per un’infinità di motivi: dal traffico ai soldi, dall’usura della vita familiare alle disarmonie di coppia. Tutto, ma proprio tutto si presta a una bella litigata che talvolta diventa anche una vigliaccata, dato che ci s’incanaglisce con qualcuno che si ritiene più debole. E dopo una discussione becera e a voce altissima, dopo aver sfiorato l’infarto e lo scontro fisico, la maggior parte dei litiganti si sente bene, prova un senso di liberazione. Soltanto in pochissimi si vergognano. Non basta, quasi sei italiani su dieci pensano che gli uomini di carattere siano quelli che hanno un cattivo carattere, sicché il frequente berciare diventa quasi un ornamento virile.
Francamente è difficile stabilire se siano più attendibili i luoghi comuni degli stranieri che facevano il Grand Tour o le ricerche demoscopiche con rigore scientifico. Se si dovessero allineare tutti i giudizi correnti sul nostro antico popolo si avrebbe la dimostrazione di una clamorosa schizofrenia: siamo depositari di un’innata sapienza che ci fa invidiare per il nostro gusto di vivere, ma nel contempo siamo infidi, rissosi, violenti e maleducati. Secondo gli esperti di Riza psicosomatica finiamo per diventare aggressivi «a furia di reprimere le nostre reazioni più naturali». Probabilmente è qui il nodo: non sono particolarmente litigiosi gli italiani, è l’uomo civilizzato del Terzo Millennio che reagisce alle crescenti pressioni della quotidianità. Ci si perde in una serie di piccoli e grandi scontri che segnano le nostre giornate, il lavoro e il tempo libero, l’ozio e le passioni.

Sotto questo profilo, le liti diventano una manifestazione di vitalità, una forma magari un po’ nevrotica di sofferta partecipazione. Uno scongiuro post-moderno per esorcizzare il silenzio e l’afasia. Ma, come tutti i rimedi, bisogna fare molta attenzione ai dosaggi e ai tempi di somministrazione.

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