Jack lo Squartatore era una donna Il Dna annulla 100 anni di indagini

Sarebbe Mary Pearcy, impiccata nel 1890 per omicidio passionale

Lorenzo Amuso

da Londra

Sulla sua vera identità per decenni si sono alternate le più bizzarre ipotesi. Un rispettabile avvocato, un ciabattino polacco, un chirurgo schizofrenico, una spia russa. Supposizioni contraddittorie, con un unico comune denominatore, che Jack lo Squartatore fosse un uomo. Ma ora anche quest’ultima certezza sembra vacillare di fronte allo studio di uno scienziato australiano, persuaso che più di Jack si trattasse di una «Jill». Sarebbe dunque donna la prima, e più celebre, serial killer nella storia della criminalità. Una clamorosa rivelazione emersa dagli esami del Dna condotti sulle ultimissime tracce di saliva ancora presenti sulle lettere che il presunto pluri-assassino aveva inviato agli inquirenti.
Ian Findlay, professore di diagnosi molecolare dell’Università di Brisbane (Australia) nonché autore dello studio, ha voluto precisare che si tratta per il momento di risultati «non conclusivi», poiché i campioni su cui sono state effettuate le analisi sono molto vecchi, di dimensioni minuscole e malamente conservati negli archivi di Scotland Yard.
Pur nell’impossibilità di ricostruire un vero profilo individuale, Findlay insiste comunque nel ritenere che il serial-killer che nel 1888 ha mutilato e ucciso almeno cinque donne nell’East End londinese, gettando nel terrore un’intera popolazione, «possa essere stato una donna». L’ipotesi si basa su una nuova metodologia di analisi in grado di ricostruire il profilo del Dna a partire da una sola cellula di saliva, o di capelli (i metodi classici utilizzati dalla polizia necessitano di un campione di almeno 200 cellule). Uno strumento di rara efficacia, che amplifica le residue tracce genetiche su documenti vecchi oltre un secolo per centinaia di volte, riportandole a un apprezzabile livello di leggibilità. La tecnica, denominata Cell-Track Id, è stata applicata sui campioni di saliva rintracciati sulla cosiddetta «lettera Openshaw», una delle pochissime missive, tra le oltre 600 conservate dal 1961 nel National Archive, attribuite a Jack. Una corrispondenza privata, che i criminologi hanno sempre interpretato come una sfida lanciata dal serial killer agli uomini della legge. «Ma la prova assoluta dell’identità di Jack lo Squartatore ancora ci manca - ha dichiarato Findlay -. Nonostante sia stato possibile risalire al sesso dell’individuo, non siamo stati nelle condizioni di trovare un nome certo». Un analogo tentativo di esame era stato compiuto qualche anno fa da un laboratorio dell’Fbi in Virginia, senza però i risultati sperati. Finora l’unica donna finita tra i numerosi sospettati rispondeva al nome di Mary Pearcey, impiccata nel 1890 per aver ucciso l’amante di suo marito, Phoebe Hogg, con modalità simili a quelle solitamente utilizzate dallo Squartatore. Anche il primo investigatore che si occupò del caso, il celebre Frederick Abberline, aveva messo in dubbio il sesso dell’assassino dopo le numerose testimonianze di chi sosteneva di aver notato la quinta vittima, Mary Kelly, aggirarsi per le vie del quartiere di Whitechapel (la zona dove erano avvenuti tutti gli omicidi), poche ore dopo la sua morte. Il detective sospettava un travestimento dell’assassina per allontanarsi indisturbata dalla scena del crimine.


Suggestioni che avevano contagiato lo stesso Sir Arthur Conan Doyle, secondo cui gli omicidi potevano essere stati portati a termine anche da una donna, impiegata, o che fingeva di lavorare, come ostetrica. Un alibi inattaccabile per giustificare le macchie di sangue sui vestiti, così come una professione ideale per ottenere la fiducia delle sue vittime, tutte prostitute.

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