da Torino
La serie A da conquistare oggi ad Arezzo: questo è l'obiettivo della Juve, per il resto ci sarà tempo. Basterà vincere, oppure anche pareggiare nel caso in cui Genoa e Napoli non facciano bottino pieno rispettivamente contro Bari e Modena. Se così sarà, qualcuno festeggerà e qualcun altro se ne starà invece dentro casa perché la Juve, noblesse oblige, non può gioire come una neo-promossa qualsiasi. «Nello sport però non è mai facile vincere e quindi credo sia legittimo celebrare ogni successo - ha detto ieri Deschamps -. Magari non scenderemo in piazza, ma non potremo far finta di nulla. Ci sarebbero tutti gli ingredienti per apprezzare quanto fatto finora, visto il record di punti già realizzato e considerato che l'obiettivo indicato a inizio stagione sta per essere centrato nel migliore dei modi: in realtà l'atmosfera che si respira non è in linea con i risultati ottenuti sul campo».
Siamo sempre lì: la situazione societaria non è chiara e Deschamps non nasconde una certa insoddisfazione anche se non vuole commentare le dichiarazioni - piccanti nei confronti della dirigenza - rese in settimana dal suo agente, Werth: «Confermo che si tratta del mio procuratore, ma altro non aggiungo».
Vorrebbe parlare solo di calcio giocato, il tecnico di Bayonne che oggi chiederà il lasciapassare verso la massima serie al suo ex compagno di stanza (e capitano) Antonio Conte. Vorrebbe ma non può, perché alla fine quel che interessa di più è il futuro che inizierà dopo la promozione: «Per adesso decidiamo il campionato, poi vedremo il da farsi. Non muore nessuno comunque. Vedrò Blanc la prossima settimana? Può darsi. Non arriveremo al 10 giugno per capire quello che succederà. Da parte mia non vedo l'ora di fare una vacanza e staccare la spina, come credo tutti i miei colleghi. In situazioni lavorative come questa ci sono sempre aspetti positivi e negativi: un allenatore può scegliere di accettare e di adattarsi oppure no. Sapete tutti che ho ancora un anno di contratto, ma non è il momento di decidere se toccherà ancora a me l'anno prossimo. Non giudico nemmeno se sia normale che non mi sia stato ancora offerto il rinnovo: c'è anche chi arriva a scadenza di contratto, sia tra i giocatori che tra gli allenatori». L'equilibrio è sempre precario, anche se ieri il ds Secco ha provato a descrivere la Juve come «un'entità unica e compatta». Peccato che il quasi certo acquisto di Mesto sia stato nel frattempo bocciato dall'allenatore («In quel ruolo siamo coperti, visto che è un giocatore abile soprattutto nella fase difensiva: dovrei metterlo sopra un altro, ma non mi pare il caso») e che quello di Iaquinta non gli faccia fare i salti di gioia: «È un campione del mondo e garantisce una quindicina di gol a stagione: non è un centravanti nel senso classico del termine, ma il suo valore non si discute. Più che sui nomi, bisogna però concentrarsi su come potrebbero inserirsi in un organico che ha certi ruoli coperti e altri meno».
Da lunedì forse se ne capirà qualcosa di più: «Quando sono arrivato a Torino la mia idea era quella di allenare la Juve in serie A e di lottare per lo scudetto: l'ho già fatto da giocatore e mi piacerebbe rifarlo da tecnico. Non esistono problemi, ma solo soluzioni». Può essere vero, ma con quale soluzione?
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