È arrivato in serata anticipando il programma, grazie anche al forfeit di Joe Biden che ha deciso di annullare il viaggio in Italia. Così il vertice trilaterale previsto per domani a Villa Pamphilj si è trasformato in un tête-à-tête ieri sera tra il presidente ucraino Volodymir Zelensky, volato a Roma da Ramstein, e la premier italiana Giorgia Meloni, il cui peso in Europa sta crescendo a vista d'occhio. Un incontro cordiale, nel quale Zelensky ha ottenuto quello che cercava: una rassicurazione dell'appoggio italiano alla causa di Kiev qualsiasi cosa accada con il Trump-2 La Vendetta, il kolossal che si appresta a sbancare Washington. «Il presidente Meloni - si legge nella nota di Palazzo Chigi - ha espresso solidarietà per le vittime dei recenti bombardamenti e il sostegno a 360 gradi che l'Utalia assicura e continuerà ad assicurare alla legittima difesa dell'Ucraina»
In realtà Meloni era stata chiara anche ieri mattina, nel corso dell'incontro con i giornalisti italiani. L'Italia continuerà a spalleggiare gli amici ucraini in ogni caso: «Sono disposta a sostenere l'opzione che è disposta a sostenere l'Ucraina, fondamentale per una pace giusta. Dopo di che sono assolutamente convinta che le garanzie di sicurezza per l'Ucraina siano fondamentali per poter ambire ad avere effettivamente una pace in Ucraina. Perché tutti sappiamo che la Russia in passato ha violato accordi sottoscritti». Meloni si è anche detta convinta che Trump non si sfilerà dalla compagnia: «Francamente non prevedo un disimpegno degli Usa sull'Ucraina e non leggo questo dalle dichiarazioni che ha fatto Donald Trump».
L'incontro di Roma ha chiuso una giornata molto importante per il leader di Kiev (che ha dormito nel lussuoso hotel Parco dei Principi ai Parioli e oggi incontrera il presidente della Repubblica Sergio Mattarella). Ieri nel Gruppo di contatto presso la base aerea di Ramstein, in Germania, Zelensky ha fissato la dead line: «Sto facendo del mio meglio per porre fine a questa guerra con dignità per l'Ucraina e per tutta l'Europa quest'anno. E so che posso contare sul vostro sostegno. Dobbiamo tutti ricordare che porre fine alla guerra è il nostro obiettivo comune: il nostro, non quello della Russia». Gli alleati hanno risposto con rassicurazioni e nuovi aiuti. Gli Stati Uniti hanno annunciato un nuovo pacchetto di aiuti militari da 500 milioni di dollari per l'Ucraina che, a dire del segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Lloyd Austin, comprenderanno «ulteriori missili per la difesa aerea ucraina, più munizioni, più munizioni aria-terra e altre attrezzature per supportare gli F-16 ucraini». La sensazione è che potrebbe essere l'ultimo pacco dono da Washington a Kiev prima che l'insediamento del presidente eletto Donald Trump rimescoli le carte. Prospettiva ben chiara anche all'alta rappresentante dell'Ue Kaja Kallas: «Siamo pronti a sostenere l'Ucraina se gli Stati Uniti non vorranno più farlo». Convinto, anzi convintissimo, appare anche l'olandese Mark Rutte, segretario generale della Nato: «Siamo qui oggi per essere sicuri che l'Ucraina abbia ciò che le serve in termini di equipaggiamento e addestramento per prolungare la battaglia e prevalere». Segue bacchettata: «C'è il tema della condivisione del peso degli aiuti all'Ucraina tra gli alleati: la Germania, che ci ospita, ha ad esempio fornito circa 30 miliardi». Insomma, ciascuno faccia il suo.
E a proposito di Alleanza Atlatica, ieri è stato anche il giorno del gran rifiuto del cancelliere tedesco Olaf Scholz alla proposta del presidente eletto Usa Donald Trump di aumentare la spesa per la difesa della Nato al 5 per cento del Pil. «Il 5 per cento significa oltre 200 miliardi l'anno, il nostro bilancio è all'incirca di 490 miliardi. Sono tanti soldi. O si risparmia nell'ordine di grandezza di 150 miliardi, o si fanno debiti per la stessa cifra o si alzano le tasse. Ecco perché è importante concentrarsi sul 2 per cento».
Un tema questo sul quale si era in precedenza espressa la stessa Meloni, sollecitata dalle domande dei giornalisti: «Penso che gli scogli si debbano superare con il dialogo: nello specifico la questione penso sia interna alla Ue, non tanto di rapporto con gli Usa. L'Ue deve individuare strumenti per una difesa competitiva».
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