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"Sala libera un successo della diplomazia irrituale"

L'ambasciatore Giampiero Massolo: "Sono tempi non comuni, è servita la rapidità della Meloni. Italia utile in Medioriente"

"Sala libera un successo della diplomazia irrituale"
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Ambasciatore Giampiero Massolo, lei è un diplomatico di lungo corso, oltre che dirigente d'azienda (Mundys). Cosa ha funzionato nella chiusura positiva del caso di Cecilia Sala? Giorgia Meloni ha parlato di vittoria del «sistema Italia».

«In effetti è un successo dell'Italia. Il sistema ha giocato tutto in squadra, evitando tempi di carcerazione lunghi, il rischio più alto di fronte a un regime come quello iraniano. C'è stata una collaborazione efficace tra intelligence e diplomazia, indicazioni chiare, concordia politica tra maggioranza e opposizione e l'assunzione di rischio personale da parte del presidente del Consiglio, che si è esposta andando a trovare il presidente eletto americano, Donald Trump, a Mar-a-Lago».

Quanto ha pesato il rapporto «solido» Meloni-Trump? E quanto l'insolita procedura del viaggio della premier negli Usa, tenuto segreto fino alla fine?

«Questi non sono tempi comuni e di procedure rituali. È il tempo della decisione rapida, delle iniziative. Su questo si misura il funzionamento delle democrazie occidentali. Il viaggio del presidente del Consiglio Meloni è stato irrituale, un'assunzione di responsabilità. Non è stato l'unico fattore, ma sicuramente è stato utilissimo e importante sul versante americano, per creare il clima e l'atmosfera giusta».

Quale contropartita potrebbe essere stata concessa all'Iran? Si ipotizza uno scambio differito con l'ingegnere iraniano Abedini arrestato a Malpensa e cos'altro sul fronte del teatro mediorientale?

«La condizione giuridica dell'ingegnere è nelle mani della magistratura italiana, variabile che non può essere influenzata. L'ultima parola sull'estradizione spetta invece al governo. E su questo fronte è comprensibile che vi sia una ragione di Stato che induce gli esecutivi a prendere determinate decisioni. L'importante è che non si dia l'impressione di scarsa trasparenza, va conservata la credibilità internazionale. E credo sia importante sottolineare che non c'è stata una contestualità fra l'estradizione dell'ingegnere iraniano e la liberazione di Cecilia Sala».

L'Iran è indebolito dai colpi inferti a Hezbollah, dalla caduta del regime di Assad e dalla crisi economica. L'Italia potrebbe mediare in un'eventuale trattativa con l'amministrazione Usa?

«Nelle relazioni internazionali i grandi mediatori non esistono, ma esistono Paesi che possono essere utili, sviluppare rapporti, parlare con partner e competitor. E sull'Iran ci sono ancora aperti diversi scenari».

Trattativa o linea dura?

«La questione è soprattutto quella nucleare. Ma l'Iran non è un monolite. C'è chi a Teheran vorrebbe fare la voce grossa, aumentare l'arricchimento dell'uranio, ma sa che rischia di esporsi al rischio delle bombe israeliane autorizzate dagli Usa. E poi ci sono i conservatori moderati che non vedono nel riarmo nucleare la via e vorrebbero essere più dialoganti con l'Occidente. Puntano sugli europei per convincere Trump a riprendere la via del negoziato e per questo non hanno visto di buon occhio la detenzione di Cecilia Sala».

Sul fronte Usa?

«A Trump piace negoziare da posizioni di forza. Applicherà la massima pressione sull'Iran. Non sarei stupito, però, se non autorizzasse gli israeliani, che di fatto hanno già vinto la loro guerra regionale sul terreno, a bombardare le centrali iraniane per interrompere l'escalation nucleare. E cercasse invece di approfittare della debolezza di Teheran per costringerlo a cessare le proprie ingerenze».

In questo contesto, con due guerre in corso, l'incognita Iran e l'avvento di Trump, l'Italia ha ritrovato un ruolo internazionale?

«Quel ruolo dipende da due fattori. La prima è la stabilità del governo. E questo governo stabile lo è. La seconda è la credibilità del governo, che dipende dalla coerenza delle posizioni e dalla tenuta degli impegni. E credo che nessuno possa avere nulla da ridire in tal senso verso questo esecutivo».

Non si fa che parlare del ruolo e delle ingerenze di Elon Musk nella politica globale. Il ministro della Difesa Crosetto sostiene che il nostro esercito sia «obbligato» alla soluzione Starlink. E lei?

«Condivido.

Che ci piaccia o no, quel tipo di servizio ce lo può dare solo Starlink ed è pronto. Sul ruolo di Musk dico che la commistione fra grande politica, grande tecnologia e grande capitale è una delle grandi incognite del mondo contemporaneo».

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