L'onda del pop coreano si è abbattuta anche sull'Europa. Ma l'ascesa collettiva di giovanissime band nasconde ombre di ogni genere. Dalle pressioni politiche alla chirurgia estetica, cosa c'è dietro il successo del cosiddetto K-pop? Un cambio radicale del processo di «fabbricazione delle star». «Un percorso che può cominciare già a otto anni e durare per altri sette, prima di essere lanciati come nuove stelle nel mondo della musica», spiega la specialista Claire Solery a France Info. Così, in 12 anni, l'industria musicale coreana è passata dal 29° al 6° posto nel mondo.
Molti gruppi K-pop raccontano la fine della loro «iniziazione», fatta di estenuanti sessioni di danza, canto, corsi di teatro e media training. Altri la rivendicano in corso d'opera. I membri delle Sixbomb, per esempio, hanno fatto ricorso alla chirurgia per l'uscita del singolo Becoming Prettier. Una celebrazione del loro cambiamento estetico, più che musicale. Occhi allargati, seno ingrandito e fattezze del volto ammorbidite, tutto documentato nel videoclip: un inno alla chirurgia che mostra il prima e il dopo ambulatorio a tempo di K-pop. Facce radicalmente cambiate a scopo commerciale, col management della band che avrebbe speso fino a 100 milioni di wan (circa 80mila euro), chiarendo di non aver costretto nessuna a sottoporsi alla trasformazione. «Volevamo tutte essere più carine. Abbiamo pensato: perché non farci una canzone invece di cercare di nasconderlo»?, dice Dain delle Sixbomb.
La Corea del Sud è già diventato il terzo mercato al mondo per la chirurgia estetica, dove vengono eseguiti circa 1,3 milioni di interventi all'anno e i gruppi K-pop sono perfettamente inseriti in questo contesto. Sempre la leader delle Sixbomb ha difeso pubblicamente la scelta: «Volevamo essere sincere sulla realtà, sul fatto che molte donne vogliono essere belle», continua Dain.
L'onda K-pop, nota come Hallyu, può diventare tsunami anche a distanza di anni, basta lavorarci. Ne è un esempio il recente comunicato di YG Entertainment, l'agenzia delle Blackpink. Sempre ragazze coreane con innesti di altre nazionalità. Il videoclip Boombayah è stato visto più di 400 milioni di volte su YouTube a più di due anni dall'uscita nell'agosto 2016. Ma i veri ambasciatori del K-pop nel mondo sono i Bangtan Boys (BTS). La boy band del momento. Se per il loro doppio concerto di Parigi i biglietti sono stati venduti in dieci minuti, lo stesso è accaduto per Londra e Berlino. Coreografia, look, tutto è pensato per far sognare i fan. Uno degli ultimi videoclip dei BTS, Idol, ha avuto 45 milioni di visualizzazioni in 24 ore, superando gli 88 in tre giorni. La comunità di fan cresce esponenzialmente anche in Italia. Supera i 25mila follower l'account Twitter che traduce interviste e video dei BTS. La fanbase italiana è talmente vorace che esistono ben due account: l'altro conta più di 18mila seguaci. Numeri lontani da quelli francesi, inglesi e tedeschi e forse per questo i BTS non sono sbarcati nel Belpaese durante il primo tour mondiale che ha appena toccato l'Europa.
Perfino il dittatore nordcoreano Kim-Jong Un si è visto costretto ad autorizzare un concerto di K-pop a Pyongyang. Canzoni e stile hanno oltrepassato il confine lo scorso febbraio, sigillando il disgelo delle Olimpiadi invernali. Cantanti e musicisti della Samjiyon Orchestra hanno sdoganato il «suono» del Sud con medley K-pop dai '90 ai primi anni 2000. Ma guai a mostrare in pubblico l'estetica di Seul, vera anima del K-pop. Di fronte ai leader del partito unico si sono esibiti solo artisti locali.
Il viso colmo di ritocchini dei BTS, proprio durante il tour europeo, ha rilanciato l'allarme legato alla chirurgia, a cui sin da giovanissimi sarebbero esposti centinaia di giovani coreani. Talento, certo, ma anche tanta costruzione a tavolino e sui letti di cliniche specializzate. I primi componenti della band sono stati scritturati tra il 2010 e il 2011 dalla Big Hit Entertainment, ma solo nel 2012 si è arrivati a consolidare la formazione attuale, a sette, che inizia a farsi conoscere già prima dell'esordio discografico. Per loro è stata sufficiente un'intensa attività legata all'immagine sui social. Ma anche un particolare interessamento di Seul, che il 14 giugno 2014 li ha fatti suonare al Bridge to Korea in Russia, un festival per promuovere il turismo tra le due nazioni.
Le star del K-pop sono regolarmente messe al centro degli eventi associati al governo sudcoreano, anche se i loro testi parlano di feste e romanticismo. In una rara eccezione, il pezzo N.O, i BTS si chiedono: «Chi si assumerà (per noi) la responsabilità di vivere la vita dei burattini?». Questa settimana hanno ricevuto la prestigiosa medaglia al Merito Culturale ai Popular Culture & Arts Awards, segno che politica e K-pop continuano ad andare a braccetto.
Dopo il boom di like e condivisioni, nel 2018 la band è entrata nel Guinness dei primati come gruppo musicale con il maggior numero al mondo d'interazioni su Twitter e sulle piattaforme di streaming, suggellando il successo di clic con la pubblicazione di cover come Swimming Pools di Kendrick Lamar, il rapper e compositore americano che per i suoi testi ha appena vinto il Pulitzer.
Time magazine sostiene che il successo planetario dei BTS sia invece la prova che le canzoni non debbano essere per forza in lingua inglese per avere successo. «Abbiamo iniziato a raccontare storie che la gente voleva sentire e che era pronta ad ascoltare», spiega la band al settimanale statunitense. Vero, ma l'immagine e le coreografie fanno presa più dei testi, che da soli non sarebbero stati sufficienti a vendere 9 milioni di dischi nel mondo.
Time li ha inseriti tra i «leader della prossima generazione». Giusto o sbagliato che sia, un primato per un gruppo K-pop che, a suon di occhiolini, video surrealisti e a tratti un po' folli, si è guadagnato l'attenzione della cultura occidentale.
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