Klara è una grande osservatrice. È intelligente, sensibile, attenta, generosa, fedele. Klara è un AA, ovvero un «amico artificiale»: un robot, insomma, destinato a tenere compagnia ai bambini in un mondo dove domina la solitudine. Gli umani sono ancora umani ma alcuni, come la piccola Josie, sono stati «potenziati». Quei ragazzini che non lo sono, come Rick, il migliore amico di Josie, nonostante il loro talento naturale rischiano l'emarginazione, una vita di minori possibilità e privilegi. Il «potenziamento» delle facoltà è una garanzia di successo in un mondo che tutto calcola e misura, però può anche causare qualche problemino, infatti Josie è malata: soffre di una patologia misteriosa e poco curabile e uno dei compiti di Klara è starle vicino in ogni momento. È stata Josie a scegliere Klara nel negozio dei robot, preferendola a un modello più avanzato; e Klara la ripaga, fin da subito, con una fiducia assoluta nelle sue promesse, una capacità di sacrificio commovente e un amore che poco ha da invidiare a quello umano. Sì, proprio amore.
È il robot il vero protagonista di Klara e il sole (Einaudi), il primo romanzo scritto da Kazuo Ishiguro dopo il Nobel per la letteratura nel 2017; un robot «eccezionale», come lo definisce la direttrice del negozio, un essere artificiale alimentato ad energia solare così sofisticato da riuscire a convincere anche la madre di Josie, una donna che dentro di sé nasconde molto più dolore di quanto mostri.
Che mondo descrive Ishiguro? Una specie di futuro che ricorda, in parte, quello distopico di Non lasciarmi, in cui le «autorità di controllo» restano però entità misteriose, delle quali si rivela l'esistenza solo quando ci si spinge ai margini del sistema: il padre di Josie, ex ingegnere geniale, che vive in una comunità di disoccupati armati fino ai denti, apparentemente il vero sostenitore della libertà della figlia ma, intimamente, convinto che negli esseri umani non ci sia nulla di speciale o, almeno, nulla che un robot molto efficiente non possa riprodurre; Rick, che adora Josie, eppure sceglie la propria esistenza da «diverso», cioè uno che non vuole vincere a tutti i costi; il negozio dei robot che viene smantellato; il Cortile in cui finiscono, come in un ospizio, gli AA in declino; gli incontri organizzati fra ragazzi «potenziati» per insegnar loro a interagire con i coetanei...
Questa immagine di un futuro più o meno realistico e inquietante è però solo lo sfondo del romanzo, mentre al centro ci sono Klara e il suo modo di vivere da robot, il suo affetto sconfinato per Josie, la sua sensibilità che supera talvolta quella degli umani che la circondano, la sua attenzione a qualsiasi dettaglio non solo materiale, ma anche emotivo e decisionale e la sua incredibile vicinanza a un concetto che pare lontanissimo dal mondo artificiale, quello di anima.
«La speranza (...) mai che ti lasci in pace, la maledetta», dice a un certo punto il padre di Josie, e parla della speranza che Klara nutre di riuscire a far guarire la ragazzina. Come? La risposta è quanto di più umano si possa immaginare: attraverso la fede. Klara crede nel potere del sole che la fa vivere, e a lui si affida come a una divinità, implorandone la compassione e l'intercessione.
Klara svolge il suo ruolo di AA come una missione: comprendere il cuore umano, addentrarsi nelle sue «stanze», avvicinarsi al suo mistero e, anche, al mistero dei cuori che pulsano insieme, all'unisono, indivisibili. Scrigno di «qualcosa di inarrivabile», umani e non umani che siano...
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