«L’amore vero non è quello libero»

La presenza di Celia Rees al «Festivaletteratura» di Mantova è significativa per confermare l’importanza di una letteratura per ragazzi sempre più proiettata verso i capolavori destinati agli adulti. Celia Rees è, infatti, una scrittrice completa, nella quale le esigenze della ragione si equilibrano agli impulsi del cuore. Circola nelle pagine dei suoi romanzi un’aria pulita e corroborante, i fatti e i personaggi balzano vivi e indimenticabili. Il viaggio della strega bambina, Se fossi una strega, Pirate, tutti editi da Salani, offrono un quadro dell’Inghilterra puritana del ’600 e ’700 altrettanto istruttivo di un libro di storia e con una potenza di immagini che non ha niente di infantile.
Le sue creature hanno un tratto comune: l’anarchia della loro natura rispetto alla mediocrità. Molto diversa, però, è Clio, l’adolescente protagonista del suo ultimo romanzo, La casa dei desideri, ambientato nel Galles del sud, in una casa di campagna, un tempo chiamata la «Casa della Strega». C’è un giardino dalla vegetazione variegata, tra cui si nascondono piante velenose dalla «bellezza corrotta» che hanno il potere di uccidere. Jay, il padre di Clio, è un pittore famoso, con una dedizione illimitata alla sua arte, quasi fosse un sacerdote giunto da un remoto passato. L’assenza di ogni limite domina l’esistenza quotidiana di questa famiglia di artisti. Di contro spicca la figura del quindicenne Richard, un ragazzo sensibile e intelligente che si innamora perdutamente di Clio durante una calda estate, quella del 1976, indimenticabile, perché segnerà la fine della sua infanzia.
In realtà, dice Celia Rees, non sono gli anni a segnare la transazione da una fase della vita all’altra, bensì un evento. «Come quando si fa qualcosa per la prima volta: la prima bevuta, la prima sigaretta, la prima canna, il primo vero bacio, il primo vero amore». Ed anche «la prima morte».
Richard deve soffrire da morire per capire se stesso. È questo il prezzo da pagare per crescere?
«Per diventare adulti dobbiamo in varia misura passare attraverso esperienze traumatiche».
Clio si differenzia decisamente dalle figure femminili dei suoi romanzi precedenti. Perché?
«I vari personaggi sono il prodotto della famiglia, dell’ambiente e dell’epoca in cui vivono. Clio non sfugge a questa regola: è spregiudicata perché ha una storia diversa, viene da una famiglia specifica, completamente priva di regole».
Ma non è forse vero che il carattere disinvolto e disinibito di Clio, privo di ogni mediazione, diventa un limite ad innamorarsi sul serio?
«Sicuramente, e questa è la contraddizione dell’amore libero professato dagli hippy. Siamo infatti nel 1976 quando i “figli dei fiori” erano in pieno fulgore. Per Clio è difficile distinguere i sentimenti veri perché l’amore libero non corrisponde all’amore vero. Richard si innamora veramente, ma Clio non riesce a capirlo perché la sua famiglia nel credere a tutti i valori, in realtà non ha nessun valore».
Seguendo la storia di Clio e Richard si ha la sensazione che il vero vincitore sia quest’ultimo per la sua indole passionale ed esigente...
«È proprio il ragazzo la figura principale anche se sembra il personaggio perdente. Richard impara da questo amore, lo supera e cresce».
Ciò che colpisce nei suoi romanzi è la naturalezza del bene.

È un messaggio per le nuove generazioni?
«Non è un insegnamento che ho lanciato consapevolmente, ma mi rendo conto che è così. Per questo motivo il mio romanzo è rivolto ai giovani. Nei libri per adulti non sempre c’è il lieto fine, ma se si scrive un libro per i giovani ci deve essere un messaggio di speranza».

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