L’arma federalista che cancella i diktat di Prodi

L'articolo 118 risente del dirigismo delle sinistre ed è incompatibile con la scossa liberalizzatrice. L'iniziativa privata oggi è imbrigliata da leggi e leggine e ha perso sempre più competitività

Il piatto forte della fase due, quella della crescita economica, che il governo Berlusconi discute oggi nel Consiglio dei ministri è la riforma dell’articolo 41 della Costituzione, riguardante la privata iniziativa. Non è solo una revisione di carattere generale, per altro importante e necessaria, ma anche una modifica di principi concreti, pratici. Inoltre alla modifica dell’articolo 41 vengono collegate quella dell’articolo 97 che riguarda la pubblica amministrazione stabilendo il principio della meritocrazia e quella dell’articolo 118 che sui poteri delle Regioni e degli enti locali a favore della libertà di iniziativa.
Quello attuale è un testo introdotto da Prodi e D’Alema, che risente del loro dirigismo ed è incompatibile con lo spirito libertario federalista. Ne consegue che con questo riforma costituzionale Berlusconi può collegare la priorità federalista con quella della scossa liberalizzatrice da dare alla nostra economia, imbrigliata e soffocata dai dirigismi pubblici. Scossa necessaria onde avere una maggiore crescita del prodotto nazionale e dell’occupazione.
L’articolo 41 della Costituzione, che risale ai padri costituenti, è un tipico esempio di compromesso nebuloso che si presta al peggior dirigismo. Il primo comma, infatti, è un inno alla libertà economica. Afferma che «l’iniziativa economica privata è libera». Ma il secondo si affretta a restringerla stabilendo che «essa non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana». L’utilità sociale è una nozione che si presta a ogni tipo di estensione, così il principio del primo comma rischia di essere svuotato.
Il terzo comma peggiora la situazione stabilendo che «la legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali». Dunque, mentre il secondo comma pone un limite all’iniziativa privata, consistente nel fatto che essa non violi l’utilità sociale, il terzo va al di là e vuole dirigerla all’utilità sociale, anche coordinandola con altre iniziative, private o pubbliche. Con questo lasciapassare costituzionale lo Stato, le Regioni e gli enti locali hanno imbrigliato l’industria, il commercio, l’edilizia, i trasporti, l’energia, le opere pubbliche, le iniziative per il Mezzogiorno e per le altre aree in ritardo, i rapporti di lavoro, gli investimenti delle imprese - e via elencando - in una marea di leggi e leggine, di controlli, di certificati, di incombenze, che hanno messo l’Italia nella parte bassa della graduatorie degli stati del mondo compilate dagli istituti internazionali per gli indici di competitività e di convenienza a fare iniziative imprenditoriali.
Non sembra che il governo voglia limitarsi ad abrogare questo terzo comma. Appare intenzionato a sostituirlo con due regole, una di principio e l’altra di natura specifica, concreta. Ossia, all’incirca: «Tutto ciò che non è espressamente vietato è libero» e «gli interventi regolatori dello Stato, delle Regioni e degli enti locali si ispirano al principio del controllo ex post». Ci saranno, a cascata, modifiche di leggi singole per attuare le due regole, molto importanti, ad esempio nell’edilizia e nell’urbanistica. Occorre aggiungere, infatti, che il nuovo articolo 41 non riguarderà solo lo Stato: si riferirà anche ai governi regionali e locali e alle loro diramazioni. Essi hanno competenza concorrente con lo Stato in materie come commercio con l’estero; tutela e sicurezza del lavoro; professioni; ricerca scientifica e tecnologica tutela della salute; alimentazione; sport; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; energia; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e attività culturali; banche a carattere regionale.
L’articolo 118 che riguarda le modalità con cui gli enti di governo statali, regionali e locali debbono adempiere a questi compiti dovrebbe precisare che essi debbono garantire l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati e che a tal fine prevale il sistema dell’autocertificazione.

Questa riforma, libertaria e federalista non sarebbe possibile con la fine prematura della legislatura. E non si potrà certo dire che la coalizione di centrodestra che la prospetta «tira a campare», avendo esaurito la sua spinta innovatrice originaria.

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