L’arte dell’inganno non salverà Prodi

L’arte dell’inganno non salverà Prodi

Le elezioni amministrative hanno confermato per il centrosinistra le peggiori previsioni: la sinistra radicale è andata indietro, le componenti del Partito democratico sono andate incontro a una disfatta. I principali elementi della sconfitta sono: il «fattore Prodi», una legge finanziaria che ha tolto agli italiani 15 milioni di troppo; indecisionismo e conflittualità permanente; debolezza, per non dire peggio, sul tema sicurezza. Per di più il centrosinistra, caso Visco a parte, è seduto su alcune bombe destinate a esplodere: la Tav, la riforma delle pensioni, il Dpef.
In questo quadro emerge un nodo politico di fondo: l’alleanza fra sinistra radicale, sinistra riformista e centristi non funziona; è paralizzante, e ogni decisione fa perdere consensi alla componente risultante perdente. E la costituzione del Partito democratico è un calvario per i Ds e ancor più per la Margherita. L’insistenza parossistica di Prodi per fare un nuovo partito derivava proprio dalla sua volontà di impadronirsene per avere il «radicamento» di cui mancava. Così i dirigenti dei Ds e della Margherita si trovano in questa bella situazione: il presidente del Consiglio non funziona, totalmente privo di carisma, ma punta pure a fare il leader del nuovo partito rendendolo così inagibile anche ai fini di un parziale recupero di consensi rispetto al governo.
La situazione poi si complica per lo scontro di potere in atto. L’operazione sulla Guardia di Finanza da parte di Visco derivava dall’esigenza di controllare i flussi investigativi e informativi sul caso Unipol: i Ds stanno ancora con il fiato sospeso per l’esistenza di altre intercettazioni telefoniche, dopo quella di Fassino. Molti si domandano: perché, diversamente da Fiorani e dagli altri «furbetti del quartierino», Consorte - a parità di reati - non è mai stato arrestato? Quale provvidenziale «manina» lo ha salvato? E in una situazione di questo tipo, il governo non solo si blinda ma manda un messaggio devastante: la rimozione di Speciale, come tutte le nomine finora fatte (anche quelle di due su tre dei servizi: invece il Sismi è guidato da una persona al di fuori della stretta logica partitica) ha un senso preciso: questo debolissimo governo vuole essere fortissimo nel controllo dei corpi più delicati dello Stato (oltre che di banche, Ferrovie, Rai, Ansa eccetera) i quali, nelle sue intenzioni, non devono servire lo Stato, ma la coalizione di centrosinistra. Per questo i leader dei partiti di centrodestra hanno parlato di «emergenza democratica». E il presidente della Repubblica - specie un presidente della Repubblica che parla quotidianamente su tutti i temi - ha il diritto-dovere di intervenire per capire che sta succedendo, altrimenti rischia di passare alla storia con l’appellativo di Ponzio Pilato.
A loro volta i partiti di centrodestra in primo luogo devono consolidare l’unità politica nella battaglia di opposizione. Quello che sta facendo il governo richiede una risposta durissima in parlamento per farlo cadere e andare a nuove elezioni. A nostro avviso l’unica ipotesi possibile e ragionevole sarebbe un governo a termine che faccia una nuova legge elettorale e porti il Paese alle elezioni di qui a qualche mese. Ma il centrosinistra appare rattrappito nel seguente schema: sa che Prodi e l’intesa fra sinistra radicale e sinistra più moderata non funzionano ma teme che se perde un «anello» tutto si sfasci. Allora si blinda producendo nella dialettica politica effetti devastanti che finiscono col dar spazio alle posizioni antipolitiche cavalcate dal Corriere della Sera ed espresse da Luca di Montezemolo.
E dalla disgregazione del centrosinistra può emergere un terzo interlocutore che punta a disintegrare entrambi i poli, per dar vita a una nuova aggregazione politica sostenuta dai «poteri forti», a cominciare dal blocco di potere costituito da alcune grandi banche e dai loro giornali. Questo blocco di potere credeva che il suo uomo fosse Prodi e adesso, deluso, è alla ricerca di un nuovo punto di riferimento.

Di qui le mistificazioni secondo le quali la crisi del centrosinistra viene presentata come crisi della politica tout court. Questa mistificazione potrebbe tradursi in realtà qualora un governo già in crisi prolungasse in modo indefinito la sua agonia.
*vicecoordinatore nazionale di Forza Italia

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