L’arte romana va al Massimo

L’arte romana va al Massimo

Il Palazzo Massimo, ex collegio dei gesuiti, è una delle quattro sedi del prestigioso Museo Nazionale Romano, la più grande raccolta di arte romana del mondo. Per via della felice posizione in piazza dei Cinquecento, a due passi dalla stazione Termini, anche il turista più frettoloso può approfittare di poche ore di tempo per immergersi nelle sue meraviglie e avere un quadro della grandiosità e della raffinatezza di opere d’arte uniche al mondo, i cui committenti erano soprattutto imperatori, aristocratici e splendidi mecenati. A dieci anni dalla sua apertura al pubblico, Palazzo Massimo festeggia la ricorrenza con la manifestazione «Scopri il Massimo» (fino al 7 giugno 2009), alludendo da un lato al museo vero e proprio, dall’altro all’eccezionalità dei reperti in mostra, in parte mai visti prima. È il caso delle pitture parietali della tomba di Patron (I sec. a.C.), prestate dal Louvre, che ritornano a Roma per la prima volta dalla loro scoperta avvenuta nel 1842, tra le vie Latina e Appia. La tomba viene definita «il paradiso in una stanza», perché l’elemento centrale, andato perduto ma noto da un acquerello dell’epoca, era una rappresentazione di giardino paradisiaco, un po’ sul tipo degli affreschi provenienti dalla Villa di Livia, esposti sempre a Palazzo Massimo. Nel suggestivo allestimento è degno di nota, in particolare, il fregio raffigurante nove personaggi in processione, riconoscibili dalle didascalie in lingua greca. Con una statura più elevata e il capo velato compaiono la moglie e la figlia di Patron, il medico greco cui è dedicata la tomba. Le pitture, di eccellente qualità artistica, hanno fatto parte della collezione del Marchese Giovanni Pietro Campana, smembrata in vari musei a seguito delle disavventure finanziarie del marchese. La Fondazione Sorgente Group ha prestato, invece, il ritratto, acquisito sul mercato antiquario e finora inedito, di Marcello, il nipote prediletto di Augusto, cui avrebbe dovuto succedere sul trono imperiale. Poiché è morto giovinetto, Marcello viene illuminato alle spalle da una luce azzurrina che simboleggia nelle intenzioni dell’allestitore l’interruzione prematura della vita. Questa testa è stata collocata accanto a un’imponente statua di Augusto e messa a confronto con altri tipi noti. Un altro allestimento effettuato per l’occasione, presentato con le parole «Ut Rosa Amoena», è quello delle pareti dipinte del Grande Colombario (edificio sepolcrale dalle caratteristiche nicchie contenenti i vasi con le ceneri dei defunti) di Villa Doria Pamphilj, scavato nel 1838, i cui affreschi sono stati distaccati e ricomposti nel Museo Nazionale Romano nel 1922. Deliziosi i motivi raffigurati, tra cui vari uccelli, fiori, architetture e paesaggi.

Vengono esposte definitivamente, infine, le decorazioni (pitture e mosaici) di un intero complesso residenziale di età adrianea (detto di Roma Termini), che includeva una domus e un impianto termale, scoperto in parte nell’800 durante la realizzazione della prima stazione centrale e indagato completamente alla metà del XX secolo, in occasione dei lavori della metropolitana a piazza dei Cinquecento. Orario: dalle 9 alle 19.45, chiuso il lunedì.

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