
Oggi vogliamo usare questo spazio per dare la nostra totale solidarietà ai 1.200 dipendenti delle librerie Feltrinelli che ieri hanno scioperato per il riconoscimento dei loro diritti.
Noi stiamo dalla parte dei poveri compagni costretti a manifestare contro altri Kompagni. Quelli ricchi.
Il nodo della protesta è il buono pasto. I lavoratori chiedono di alzarlo dagli attuali 6 euro, con cui a Milano paghi il coperto e l'acqua, a 7.50, così puoi prenderti anche i grissini. Ah: l'aumento di 1,50 euro non dovrebbe neppure avvenire subito, ma in tre anni. Però il Gruppo Feltrinelli che in bilancio dichiara 511 milioni di ricavi ha detto no. E ciò è inaccettabile. Ci spiace, ma noi stiamo dalla parte di chi denuncia la vita grama del lavoratore culturale.
E al proposito ci viene in mente Luciano Bianciardi, scrittore più a sinistra della sinistra, che negli anni '50 lavorò alla casa editrice Feltrinelli. Non guadagnava molto, mangiava alle latterie, magari mezza porzione, mentre Giangiacomo, che lui chiamava «il Giaguaro», era notoriamente miliardario.
Comunque. Un giorno arriva in ufficio Giangiacomo; appende il suo bellissimo cappotto di cammello di fianco a quello liso del Bianciardi e comincia a parlare di giustizia sociale e lotta di classe, per due ore.
Alla fine Bianciardi si alza, guarda il suo paltò, poi però prende quello del Feltrinelli, se lo infila, si pavoneggia un attimo, alza il pugno, grida: «Viva la lotta di classe!» e se ne va.Sono passati 70 anni. Eppure la giustizia sociale, anche alla Feltrinelli, non è mai arrivata.
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