
Ormai è il mostro virtuale del momento. Andrea Sempio è diventato il cruciverba nazionale e quel che ha fatto il 13 agosto del 2007, ormai diciotto anni fa, è oggetto di infinite analisi, interpretazioni, dietrologie. Il tutto in un crescendo di accuse insidiose, perché all'improvviso l'amico di Marco Poggi si trova imputato davanti a un tribunale popolare che gli contesta le telefonate a casa Poggi nei giorni precedenti, uno scontrino che spiega e non spiega, un'intercettazione suggestiva in cui dice al padre «l'abbiamo cannata».
Rotolano giù dal maxi armadio di un'inchiesta sconfinata dettagli su dettagli e tutti, guarda caso, hanno come bersaglio Sempio. Non importa nemmeno che in cella ci sia un'altra persona, Alberto Stasi, condannato con sentenza definitiva. Stasi non deve dimostrare nulla, anche se le prove raccolte contro di lui, a cominciare dalla camminata impossibile sulle macchie di sangue, non sono affatto svanite. Anzi.
Si va avanti. E l'impressione è che siamo solo all'inizio di una storia che promette, purtroppo, di durare a lungo. Si intuisce, dietro le quinte, uno scontro fra poteri; insomma, è facile scommettere che presto gli investigatori proveranno a riscrivere il copione di questa storia, già esaminata da un battaglione di detective e magistrati. Lo scontrino è un mezzo alibi, anzi pure di meno, perché arriva un anno dopo e non è associato a un numero di targa, ma soprattutto perché l'orario, le 11.18, è più che compatibile con l'orario dell'omicidio, commesso a Garlasco a pochi chilometri da Vigevano, intorno alle 9.15 del mattino. E allora anche questo pezzo di carta e la storia del suo ritrovamento avventuroso, da parte dei genitori di Andrea, sembrano far parte di una strategia psicologica per far commettere all'indagato un passo falso e farlo cadere in contraddizione.
Nessuno è profeta, ma è logico prevedere che presto risentiremo parlare di Marco Demontis Muschitta e di Stefania Cappa, uno delle due cugine piombate sulla scena inopinatamente in quei giorni disgraziati dell'estate 2007, con uno sciagurato fotomontaggio. Un mese dopo i fatti, Demontis Muschitta racconta alla Procura di Vigevano una strana vicenda: lui all'ora del delitto era lì, quasi davanti alla villetta di via Pascoli, perché doveva lavorare in un tombino, e vide una bella ragazza che procedeva a zig zag in bicicletta. Con tanto di occhiali da sole, manco fosse in gita, ma stringendo fra le mani un treppiedi per camino. Poi capì: era Stefania Cappa. Che ci faceva la giovane da quelle parti proprio quella mattina?
Particolare per particolare, si può immaginare quel che si vuole. Forse un gruppo di ragazzini condivideva un qualche segreto che Chiara aveva scoperto. Perché Sempio avrebbe massacrato Chiara? Ci vorrebbe un movente che al momento è arduo rintracciare.
In ogni caso, all'epoca il gip Stefano Vitelli, quello che in primo grado assolse Stasi, scrisse che Demontis Muschitta era inattendibile e si era inventato tutto, realizzando un singolare collage di notizie percepite nel frastuono dei media. Si rivaluterà anche quella testimonianza, giudicata inattendibile ma carica di suggestioni?
Sempio però pare circondato da una selva di indizi, anche se poi, a leggere e approfondire, contro di lui c'è, per quel che sappiamo, ben poco, se non l'orizzonte di un'inchiesta nata male e andata avanti fra errori e amnesie. È il punto più infiammato della nuova indagine: furono ritrovati fra le unghie e le dita di Chiara tre Dna. Uno non leggibile, uno di ignoto, il terzo compatibile con quello di Sempio. È vero che sul corpo di Chiara non fu rintracciato quello di Stasi - ma solo una sua impronta sul dispenser del bagno - e però questa non può essere la prova dell'innocenza o della colpevolezza di uno dei due. Bisognerebbe tentare altre comparazioni che oggi, a distanza di tanto tempo, sono impossibili.
E la scienza, anche se le si attribuiscono poteri taumaturgici, non è in grado di dispensare certezze matematiche. Forse quel Dna arrivò per contatto, forse è il segno di qualcosa di più importante o forse no. Certo, sembra a dir poco problematico costruire un processo su un elemento così fragile e ballerino.
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