«Vietare il fumo nei parchi». L’assessore alla Salute Gianpaolo Landi di Chiavenna ci riprova. Sfodera una proposta che ha nel cassetto da un anno esatto e la rilancia, sperando che la seconda volta sia quella buona. L’idea è di imporre il divieto di fumo sia nei parchi pubblici sia nelle scuole per indurre i giovani a smettere. Un’uscita che però rischia di essere quanto mai impopolare. Non tanto tra gli adolescenti e i fumatori, quanto tra i colleghi in Comune. Già, perché Landi, presentando la proposta, punta anche un po’ il dito sulla classe politica milanese accusandola di mancanza di coraggio. «Se la classe politica - spiega l’assessore - cerca solo il consenso di breve durata, non sarà possibile. Se invece la classe politica cercherà di qualificarsi con una visione più strategica e meno tattica, riusciremo a vincere questa battaglia. Certo, ci vuole la capacità di rischiare. Non bisogna avere paura di perdere qualche consenso quando abbiamo davanti le finalità di una politica della salute».
Il discorso non fa una piega, ma sarà difficile trovare consensi a Palazzo Marino dopo aver insinuato che le scelte politiche sono «tattiche» e poco strategiche. Soprattutto dopo le frizioni che l’assessore ha avuto recentemente con il vice capogruppo del Pdl Michele Mardegan che lo accusava di diffondere dati eccessivemente allarmistici sulle adolescenti, «come se fossero tutte sgualdrine».
Landi tuttavia, come ha già dimostrato è uomo tenace. Non molla e insiste sulla sua linea, chiedendo politiche forti contro il fumo, così come ha già fatto contro l’alcol, contro la baby prostituzione e contro il sesso irresponsabile. A dargli man forte sono i dati: a Milano i ragazzini che fumano sono quasi il doppio che nel resto d’Italia. «Il bilancio - spiega - è di 20 minorenni ogni cento, contro i 12 della media nazionale. La prima sigaretta viene accesa già attorno ai 15 anni e mezzo, sei mesi prima rispetto al resto d’Italia». Per di più, in base alle statistiche, risulta che gli adolescenti cominciano a consumare cannabis già a 11 anni, tanto che intorno ai 15 il 30 per cento dichiara di farne uso abitualmente. Da qui il piano d’azione: non ricorrere a principi punitivi con i giovani ma usare il metodo della premialità. Niente multe, ma stimoli. L’assessorato alla Salute ha promosso, assieme alla fondazione Veronesi, alla Lega lotta contro i tumori e alla società di alcologia la campagna «Giovani in salute», «un primo passaggio storico per la cultura politica e istituzionale» commenta Landi. Si tratta di un progetto di sei mesi, nel quale cento ragazzi seguiranno corsi di formazione e informazione sull’importanza di smettere di fumare e di bere in modo responsabile.
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