Con l’assist di «Angeli e Demoni» la Lancia sale (a costo zero) sul palcoscenico di Hollywood

RomaAncora non si sa se Sergio Marchionne conquisterà l’America e l’Europa con l’operazione Chrysler-Opel. Ma è già certo che - a partire da venerdì - tutto il mondo scoprirà che la Fiat è riuscita (per ora) a conquistare Hollywood. E che - per di più - lo ha fatto con una sceneggiatura che pare scritta non da Dan Brown ma dall’amministratore della Fiat in persona.
Possibile? Sentite qui, il riassunto (in chiave Quattroruote) della trama: la macchina dei buoni è una Lancia. Caspita. Quella degli amici dei buoni è un’Alfa Romeo. Perbacco. Quella dei cattivi è una Volkswagen che (anche se con l’aiuto di un ordigno al plastico) salta per aria appena si gira la chiave! Non è finita.
Malgrado l’ambientazione vaticana, la Papamobile (Mercedes) non appare mai. Troppo. Una vecchia berlina nera della casa di Stoccarda si vede solo (alla vigilia dell’avventura tedesca, pare un’autentica perfidia) nel caveau dei Musei vaticani. È tra i reperti archeologici e i codici di da Vinci. Ovvero: auto tedesche d’epoca, mentre le calandre italiane sgommano ad alta velocità tra Pantheon, piazza del Popolo e piazza Navona. Incredibile ma vero.
Il primo a stupirsi di questo successo è stato il nuovo responsabile marketing de Lingotto (nonché amministratore delegato Lancia) Olivier François, che lunedì sera, in una poltrona dell’Auditorium di Roma, all’anteprima mondiale di Angeli e Demoni, ha scoperto che la sua più ambiziosa operazione di marchio, costruita sul film di Ron Howard, aveva prodotto effetti insperati. Il primo: le macchine del gruppo (di ogni modello e marca) erano onnipresenti in tutte le scene del film, nelle vie di Roma (ricostruite in California). Il secondo: l’auto più inquadrata, anche oltre quello che si poteva sperare dalla sceneggiatura, era proprio la sua prediletta Delta (utilizzata da Tom Hanks per tutti gli inseguimenti del film a caccia del killer dei prelati e dei terribili «illuminati»). Una macchina così presente da suscitare la battuta ironica di uno degli uomini della Sony: «Hai visto Olivier? Come protagonista c’è un’attrice italiana». Il bello è che Marchionne (impegnato nella trattativa) non ha ancora visto il film. Ma da lunedì si troverà tra le mani una ennesima carta-immagine per la partita mondiale che la Fiat si gioca tra Berlino e Detroit. Non è una cosa da nulla, per un film destinato (probabilmente) a battere il record di incassi della storia del cinema (stabilito dal primo episodio, Il Codice da Vinci).
Ma i retroscena e gli aneddoti curiosi di questa rocambolesca avventura sono almeno due. Il primo: il contratto con la casa di produzione di Angeli e Demoni è stato stipulato prima dell’avventura americana (la trattativa, laboriosissima, è iniziata quasi due anni fa!). Il secondo: l’operazione, ancora una volta (al pari dell’acquisto della quota di minoranza Chrysler), costa ben 3 milioni di euro, ma è di fatto a costo zero. Anzi, fa guadagnare qualcosa. Possibile? Ecco la storia. È divertente che tutto nasca da un dettaglio di Dan Brown, e dalla leggendaria pignoleria di Ron Howard.
In Angeli e Demoni, infatti, la macchina del protagonista era un’Alfa 166. Il che porta il regista a orientarsi per Fiat: «Dobbiamo rispettare questa atmosfera... italiana». Ma qui entra in gioco Sergio Munaò, responsabile eventi Lancia, che fa notare agli uomini della Sony: «La 166 era l’ultimo grido quando uscì il libro, ora è fuori produzione! Volete Tom Hanks su un’auto di seconda mano?». Così ne approfitta per provare a piazzare la Delta (che però all’epoca non è ancora in produzione...). Howard è secco: «No: o la 166 o un’altra marca». Poi però accetta un compromesso: vedere la Delta, nel suo sopralluogo romano. Gliene devono preparare una in fretta e furia. «Ora si può dire - sorride François -, era una Bravo taroccata, solo la carrozzeria era Delta». Infatti la macchina non si muove: gli uomini della Fiat, con astuzia omerica, la scaricano davanti all’albergo dell’ex golden boy di Happy Days (con un carro attrezzi) di notte. Ma quando Ron la vede è entusiasta. Mette in modo e... «Succede un casino». Eppure alla fine, miracolosamente Howard si convince: «Mi piace, è così diversa...». I problemi iniziano sul più bello. Firmato il contratto, sulle ali dell’entusiasmo, servono 5 Delta a Roma, e 9 a Los Angeles. Come mai? «Ogni due scene gli stuntman ne bruciano una». Così la linea, ancora non in funzione, deve fare salti mortali per produrre «su commissione». Seconda rogna. La produzione del film dice: «Dateci altre macchine italiane, per l’ambientazione». Quante? «Novanta». Alle fine se la cavano con una ventina di mezzi (compresa una vecchia Panda). Ma per l’assistenza bisogna mobilitare i meccanici della rete americana Maserati con decine di frizioni di ricambio (una prova generale?). Tutto a posto? Nemmeno per sogno. Alla vigilia della partenza, le Delta vengono visionate dal direttore della fotografia Brad Blackbourn. Responso drastico: «I vetri sono troppo scuri! O cambiate quelli, o cambiamo marca». La spedizione rischia di saltare, chi può fare il lavoro in una notte in un giorno festivo? Nessuno. Invece, no. François e Munaò hanno una folgorazione: «Un’officina che non chiude mai c’è. È al Quirinale!». Le maestranze di Napolitano accettano lo straordinario; le macchine partono. Si arriva alla ciliegina. La Sony chiede 5 milioni. La Fiat ha il budget tagliato. Si chiude a 3, ma dove trovarli? Altra idea di François: «Io non metto un euro. Ma uso i soldi della campagna Delta 1.8 turbojet (quella del film) per il lancio di Angeli e Demoni». Risultato: «Lo spot costa zero, fatto con le scene girate da Howard! Il testimonial Pierfrancesco Favino costa zero, perché aveva ceduto i diritti alla Sony...

L’unica spesa? Il montatore. E ci hanno anche pagato l’aereo!». Lo chiamano Co-marketing. E così, senza spendere (quasi) un euro, Marchionne sbarca in tutti i cinema degli Stati Uniti (e del mondo). Te la do io l’America...

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