L’attimo di gloria dell’eterno secondo

Del celebre pittore vengono esposti anche i ritratti di Clemente VII e Andrea Doria

L’attimo di gloria dell’eterno secondo

A Palazzo Venezia è aperta fino al 18 maggio una mostra su «Sebastiano del Piombo 1485-1547». Ben 68 opere, 55 dell’artista, provenienti da vari musei del mondo. Sono degli anni giovanili a Venezia la Dorotea di Berlino, la solenne pala della Sacra famiglia di Burgos e il Cristo portacroce del Prado. Quindi i ritratti spesso a grandezza naturale, capolavori noti segno distintivo dell’artista. Del Cardinal Ferry Carondelet, per quattro secoli ritenuto di Raffaello, l’Andrea Doria con quelle mani che parlano, il Ritratto di Clemente VII con barba (che si fece crescere dopo il Sacco di Roma), il Triplo ritratto, opera di Sebastiano, Tiziano e Giorgione, il Ritratto di Francesco degli Albizzi, il «giorgionesco» Ritratto d’uomo in arme di Hartford, logo della mostra. Opere di Sebastiano a Roma sono visibili nella cappella Borgherini in San Pietro in Montorio, in Santa Maria del Popolo e ciò che resta della sua ultima fatica in Santa Maria della Pace.
Stimato dai contemporanei, Sebastiano è l’eterno secondo nonostante la modernità della sua pittura. Esemplare la sua parabola artistica, legata a filo doppio a Michelangelo e Raffaello. A Venezia sua città natale si diletta di canto e liuto e apprende il colore e la maniera moderna di Giorgione, ma è a Roma che s’inizia alle forme scultoree. Nel 1511 Agostino Chigi lo chiama a lavorare alla Farnesina alla Lungara, dove incontra Raffaello, l’antagonista di sempre, con cui sarà chiamato a misurarsi in una strana gara dal cardinale Giulio de’ Medici, futuro papa Clemente VII. Dialettico il rapporto con Michelangelo con cui all’inizio ha solo rapporti epistolari. Lo incontra quando Michelangelo torna a Roma per affrescare il Giudizio. Non grande disegnatore, secondo Vasari Michelangelo gli avrebbe fornito il disegno per la Pietà di Viterbo e per il Cristo di San Pietro in Montorio. La grandezza di Sebastiano consisteva nella prodigiosa tecnica, a olio su peperino, su lavagna, su muro preparato a mo’ di tavola. Così alla morte di Raffaello Sebastiano chiede a Michelangelo una raccomandazione perché sia affidato a lui il completamento della Sala di Costantino. Ma non lo ottiene. E quando l’amico inizia il Giudizio, Sebastiano si permette di dargli consigli sulla tecnica da seguire: olio, non affresco. «Roba da donne» dirà Michelangelo che non gli rivolge più la parola. La mostra curata da Claudio Strinati, è interessante perché è la prima su Sebastiano Luciani, detto del Piombo (in quanto responsabile della «piombatura» apostolica), per la qualità e rarità dei quadri e per l’allestimento. Il visitatore è invitato a una sorta di viaggio alla scoperta di un artista e delle sue opere, una per una. «Si è cercato - dice Luca Ronconi che insieme a Margherita Palli ha curato la messa in scena - di cogliere il rapporto fra i quadri e il luogo, senza privare la visione complessiva delle sale», rischiarate dal basso, con luci verdi, rosse, blu a sottolineare decorazioni e architetture.
Le opere, separate da tutto ciò che è intorno, sono illuminate in rapporto alle caratteristiche di ciascuna. Con ottimi risultati nel caso di quadri piccoli, con qualche problema di riflessi nei dipinti più ampi o protetti da un vetro, come la Pietà di Viterbo. La visione d’insieme coinvolge ed emoziona il visitatore. Le opere, distribuite nelle sale del piano nobile, sono accolte entro finestre che si aprono lungo pareti arretrate e sinuose che si snodano morbidamente, ricoperte di velluto verde. Lo stesso colore di certi dipinti del periodo giovanile. È l’incipit veneziano con i quadri della formazione belliniana, viene poi la novità di Giorgione, quindi s’insinua la qualità della pittura legata alla visione di Durer. Dai piccoli dipinti Morte e Nascita di Adone del Museo Lia di La Spezia, alle ante d’organo di San Bartolomeo a Rialto dell’Accademia, a Roma e alla sezione dei ritratti. Al di là delle influenze di Raffaello, di Michelangelo e del retaggio veneto, emerge la qualità di una ritrattistica capace di rivaleggiare con i maestri. Segue la sezione incentrata sulle opere di soggetto religioso come la maestosa Pietà di Viterbo con una Madonna non più giovane, su uno sfondo scuro e vibrante. Si entra quindi in un tunnel scuro, la fabbrica delle idee, in cui sono esposti i disegni di Sebastiano e tre del maestro Michelangelo.

Chiude la rassegna la sezione dedicata alla fortuna dell’artista in Italia e fuori, in special modo in Spagna.
Palazzo Venezia, via del Plebiscito 118, tel: 06.68192230. Orario: domenica-giovedì 10-20, venerdì e sabato 10-22. Fino al 18 maggio.

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