La chiamavano «Unione» l’insieme delle forze che dovrebbero governare l’Italia. E seguitano a chiamarla così con un umorismo che pesa come un macigno sulla realtà italiana. Se avessero un po’ di buon senso la chiamerebbero «Dis-unione». Non c’è un leader del centrosinistra che sia in sintonia con un altro. Non c’è questione di una qualche rilevanza - pensioni, fisco, legge elettorale... - su cui nella maggioranza vi sia una visione unitaria.
Con il «manifesto dei coraggiosi» Rutelli, vicepresidente del Consiglio, tira un bidone al presidente del Consiglio chiedendo che, se il governo non funziona, «il Partito democratico dovrà proporre un centrosinistra di nuovo conio». Di contro il fondatore dei Democratici Parisi attacca, insieme a Rutelli, anche Fassino, segretario Ds e colonna Pd, perché vuole una legge elettorale largamente condivisa.
Da parte sua Dini apostrofa sarcastico «quel filosofo di Parisi», invitando a guardare fuori dal centrosinistra. L’ex premier, sospettato di fomentare il dissenso dei parisiani delusi Bordon e Manzione, vorrebbe scaricare i massimalisti i quali, di rimando, lo accusano di essere un centrista impenitente.
Anche sulla riforma elettorale la confusione regna sovrana. Fassino è per il sistema tedesco perché piace all’Udeur, alla Lega e all’Udc che in tal modo potrebbero essere attirate nel centrosinistra per sostituire Rifondazione che, però, ama anch’essa il sistema tedesco. Ma Casini vuole l’unità nazionale che è ben altra cosa, mentre nella grande casa della Dis-unione tutti si scontrano con tutti: referendari contro anti-referendari; bipolaristi contro centristi; proporzionalisti contro maggioritari.
Se Veltroni, leader del Pd appoggiato dalle «liste per» secondo lo stile delle democrazie popolari, vuole farla finita con l’anti-berlusconismo, contro di lui Furio Colombo ha risuscitato il partito girotondista e giustizialista per scomunicare ancora una volta Berlusconi, «il nemico degli italiani per bene».
Un osservatore dei circoli diessini nota su La Stampa che Veltroni, ben lungi dall’avere un programma politico, produce solo un «effetto Viagra» sulle truppe sbandate (e impotenti) dell’Unione. E Scalfari, dopo aver richiamato su La Repubblica i termini oggi applicati al governo - agonia, sfarinamento, implosione, caduta libera - si chiede «se sia positiva questa resistenza» ad oltranza di un governo così combinato.
La sua risposta è che, malgrado la somma Dis-unione dell’Unione, Prodi deve continuare nella sua fatica, altrimenti...
Massimo Teodori
m.teodori@mclink.it
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.