Antonello Mosca
Come in tutte le imprese che si rispettano, e che hanno un successo, si aprono rami condotti da figli, nipoti e così via, che pur restando nel settore, sono in grado di percorrere nuove strade sorretti da una creatività forse innata e certamente valorizzata dalla cultura e dal vivere tempi diversi e nuovi. Così è il caso di Vivia Ferragamo, figlia di Ferruccio e nipote di Salvatore. Con il suo nome, la giovane stilista ha lanciato una sua linea, che sta riscuotendo, come è nella tradizione, un grande successo.
«Il tema della casa e dell'arredamento è sempre stato nelle mie corde e nelle mie passioni, ma per vederlo effettivamente realizzato, proprio come voglio io, ho bisogno di una vita più stabile. Direi che per ora la mia casa è un po' la mia valigia, nel senso che per lavoro sono sempre in viaggio. La mia base è Firenze, ma le ore di permanenza sono davvero modeste. Appena queste si allungheranno potrò finalmente trovare soluzioni definitive ai miei interni».
Dai suoi discorsi mi sembra che la casa per lei sia davvero qualcosa di importante.
«È così, e se è certamente un covo di protezione è anche un vero e proprio museo di esperienze ed emozioni che hanno il pregio di rinnovarsi ogni giorno. La definirei anche come un pot pourri di odori e di suoni familiari e, perché o, un cuscinone, sul quale si adagia il capo e ci si rilassa in maniera meravigliosa».
Ci sono caratteristiche salienti che le piace avere accanto a lei? Veri segnali del suo modo di vivere?
«Amo un arredamento pulito, lineare, ma sostanzialmente ricco: così adoro tutto quello che è legno, il colore e il calore delle candele, i grandi quadri capaci di lasciarti il senso della suggestione, i tanti cuscini sui divani, i tavolini da soggiorno pieni di libri d'arte e di costume, e poi i fiori, in ogni angolo di ogni stanza».
Ma qual è lo stile che ama più di ogni altro?
«Quello stile fatto di cose che appartengono un poco al passato e un poco alle tradizioni, ricorda un modo di vivere intenso, dove il privato ha il sopravvento su tutto, dove le mode non hanno alcuna influenza, eppure vi vive una eleganza piacevole e cordiale, fatta di mille particolari. È questo lo stile Country, uno stile che ha visto tra i suoi fruitori grandissimi nomi dell'arte e della moda».
E cosa riporta dai suoi viaggi?
«Certamente tante cose, che poi colloco in casa nei posti più diversi, cose curiose, trovate frugando tra mercati e mercatini, che hanno il pregio di portare con loro una storia e un sapore sconosciuti».
Il suo «rifugio» è certamente particolare.
«Sì, ed è il mio bagno. È davvero piccolissimo, tutto in marmo e legno scuro, ricco di specchi e di candele profumate; mi ritrovo sempre lì, al telefono, a leggere, a rilassarmi, ad ammirare dalla finestra il cielo e gli alti cipressi».
E il soggiorno?
«Un semplice luogo di passaggio! Veramente ci vivo assai poco». E la camera da letto?
«Credo si possa paragonare ad un piccolo tempio, un posto sacro, che tengo solo per me».
E la cucina, è anch'essa un luogo sacro?
«No di certo, perché sostituisce il salotto, con la sua spaziosità, il suo senso di accoglienza. Ho imparato a cucinare al Cordon Bleu a Parigi, piatti complicati e sfiziosi mai messi in pratica. Adoro le cose semplici, come tutti i suoi ingredienti».
Colori e tessuti cosa rappresentano per lei?
«Ognuno ha delle preferenze, ed è giusto sia così, perché essi richiamano la natura e rispecchiano l'anima e il carattere di chi abita la casa».
Il mobile che ama di più?
«Il mio letto».
Cosa apprezza nell'arredo oggi in vendita?
«Il fatto che si tenda a disegnare mobili e accessori non solo da un punto di vista estetico, ma anche sotto quello della funzionalità, della struttura, dell'ecologia, tutte cose che dovrebbero essere alla base di ogni creazione».
La sua casa ideale?
«Penso seriamente, e questo lo riscontro anche nei miei viaggi, che la casa ideale sia una utopia, non esiste in nessun luogo».
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